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Il Caffé

Ecco il mio contributo sul domenicale Il Caffè di domenica 16 ottobre

“La conoscenza rende liberi e competitivi, mentre il lavoro e un’equa retribuzione garantiscono la dignità umana: per questo dobbiamo puntare sulla formazione e la ricerca. La Svizzera non dispone di materie prime, ma di molta materia grigia, che va sostenuta e valorizzata. Un’adeguata formazione – che trovi il giusto equilibrio tra la cultura generale e le competenze richieste dal mondo del lavoro – è la base per garantire un posto di lavoro ai giovani ticinesi: investiamo con intelligenza nell’intelligenza, garantendo a tutti una formazione di qualità e valorizzando tutte le categorie professionali.”

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Sanità

Prevenire è meglio che curare!

Il sistema sanitario in Svizzera è il secondo più caro di tutta Europa e, ogni anno, la spesa aumenta di circa due miliardi di franchi, riversandosi naturalmente sui premi di cassa malati: evidemente tale esplosione dei costi della salute va frenata, senza però scalfire l’elevato standard raggiunto dal nostro sistema sanitario. Qualità delle cure e accesso a cure di qualità – poiché la salute è un autentico diritto di ognuno, ricco o povero che sia – richiederanno maggiore razionalità nell’offerta, evitando doppioni e stimolando la cooperazione.

Una maggiore razionalizzazione che si può ottenere certo attraverso il nuovo finanziamento ospedaliero e la riforma delle cure integrate – forse attraverso l’adozione di una cassa malati pubblica – ma anche attraverso un potenziamento e affinamento della prevenzione. La prevenzione è infatti un tassello fondamentale del sistema sanitario, il quale non deve occuparsi solamente di curare le malattie, ma anche di prevenirle, comportando così non solo un miglioramento generale della qualità di vita, ma anche un risparmio dal punto di vista economico. Da qui l’importanza di una legge federale che coordini e strutturi le varie attività di prevenzione sul territorio nazionale, anche se la competenza è principalmente dei Cantoni: una cosiddetta legge d’organizzazione che – pur senza definire programmi di prevenzione specifici – assicuri una certa coerenza delle attività sul piano nazionale, migliorandone sia l’efficienza – evitando doppioni o azioni ininfluenti – sia il grado d’impatto sulla salute pubblica. Una legge che fornisca infine a queste attività non solo finanziamenti stabili e sicuri, ma soprattutto indirizzi e linee guida, possibilmente concordate tra Confederazione, Cantoni e organizzazioni private: la prevenzione, infatti, non s’improvvisa, ma si coltiva sul sapere esistente. Per dei cittadini sani e per delle finanze sane “prevenire è meglio che curare”, lo dicevano già i nostri nonni.

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Fiscalità

ACCORDO FISCALE CON L’ITALIA SUL MODELLO TEDESCO?

di Nicola Pini, candidato PLR al Consiglio Nazionale

Il 21 settembre 2011 è stato firmato un accordo in materia fiscale tra Svizzera e Germania che apre la possibilità di un nuovo balzo in avanti dopo la svolta del marzo 2009, in cui la Svizzera si era impegnata ad adeguarsi agli standard internazionali dell’OCSE introducendo nell’ambito delle convenzioni bilaterali di doppia imposizione clausole di assistenza amministrativa che aprivano la porta a richieste mirate di informazioni bancarie da parte di Amministrazioni fiscali estere. Questo accordo incorpora una proposta che ha origine in Ticino: il modello Rubik – ideato da Alfredo Gysi e da BSI – che introduce un’imposizione alla fonte secondo le aliquote tedesche per i redditi di conti bancari in Svizzera detenuti da contribuenti tedeschi. L’originalità della proposta è di preservare da un lato la sfera privata del cliente, e di garantire dall’altro le entrate fiscali dell’altro Stato: una win-win-win situazione (per il cliente, la banca, e lo Stato estero) che consente di tenere lontano lo spettro dello scambio automatico delle informazioni. Fin qui, nell’ottica di una auspicata da più parti rapida ripresa dell’Accordo tedesco con l’Italia, tutto bene. Vi sono invece due elementi dell’accordo con la Germania che richiedono una particolare cautela e non possono essere asportati tali e quali in un eventuale accordo con l’Italia, elementi che concorrono a determinante un crescente scollamento tra l’entusiasmo delle prese di posizione ufficiali, e le preoccupazioni di clienti e addetti ai lavori.

1. L’accordo con la Germania prevede una sanatoria per la regolarizzazione dei patrimoni tedeschi non dichiarati in passato, con un’aliquota fino al 34% delle sostanze depositate. Come è noto, in Italia hanno avuto luogo diversi scudi fiscali con aliquote di regolarizzazione assai più allettanti nell’ordine di circa il 5%. In Germania vi è invece una cultura politica assai più rigorosa in materia di amnistie fiscali. A meno di voler incentivare la fuga in massa dei clienti italiani verso altre piazze finanziarie, è inconcepibile immaginare una sanatoria con un’aliquota analoga a quella con l’accordo con la Germania, la stessa va invece fissata nell’ordine di grandezza degli scudi passati, e non è in ogni caso negoziabile un’asticella superiore al 10%.

2. L’accordo con la Germania introduce una forma di assistenza amministrativa allargata, secondo cui, per un certo contingente massimo di casi, la Germania può avanzare richieste di collaborazione alla Svizzera rispetto a determinati contribuenti anche senza dover precisare i motivi che la inducono a ritenere che gli stessi abbiano degli averi in Svizzera. E l’autorità svizzera è poi chiamata a farsi parte attiva per verificare se gli stessi dispongano di relazioni bancarie nel nostro Paese. Si tratta di una modalità di collaborazione che va ben oltre i parametri internazionali dell’OCSE, che esigono che l’autorità richiedente abbia a precisare nella sua domanda i motivi che la portano a ritenere che le informazioni richieste si trovano in Svizzera presso intermediari finanziari concretamente individuabili, se non mediante l’indicazione del nome dell’istituto bancario detentore delle informazioni almeno sulla base di altri elementi. Questo cedimento rispetto alla prassi internazionale dell’OCSE va senz’altro corretto in un eventuale accordo con l’Italia.

3. Infine, nelle contropartite che la Svizzera a giusta ragione rivendica (quindi, sostanzialmente, la cessazione di ogni forma di discriminazione fiscale – in particolare l’esclusione del nostro Paese da “black lists” e l’inclusione in “white lists” – e di criminalizzazione degli intermediari finanziari svizzeri, nonché il pieno accesso di questi ultimi in maniera transfrontaliera ai mercati esteri), va precisato, rispetto a quanto previsto nell’accordo con la Germania, che tale apertura non deve andare a beneficio solo delle banche, ma di tutti gli intermediari finanziari, ivi inclusi quindi i gestori indipendenti e i fiduciari che tanto pesano nel tessuto economico ticinese.

La politica ticinese chiede a gran voce di essere coinvolta nelle negoziazioni con l’Italia: il nostro apporto ticinese non può però limitarsi a uno slancio generico verso un abbraccio precipitoso tra i due Stati, ma deve sapere formare una posizione negoziale precisa (anche nei dettagli e nei cavilli, in cui, come si sa, si nasconde il diavolo) e ferma. La fermezza, e la lucidità, sono necessarie non solo verso l’estero, ma anche internamente verso associazioni nazionali di categoria (leggi ad esempio Associazione svizzera dei banchieri): una cosa è infatti promuovere legittimamente l’interesse dei propri membri, tra i quali spiccano grandi istituti globali (delle autentiche multinazionali in ambito finanziario, il cui raggio di azione è necessariamente assai più vasto di quello svizzero, ecco quindi ad esempio che, parallelamente alla riduzione delle attività in Svizzera, possono aprirsi nuovi scenari di sviluppo per le stesse imprese in Germania, in Italia, o a Singapore), un’altra è mettere in atto una politica di sviluppo territoriale, volta alla creazione di occupazione e valore aggiunto sul territorio. La fermezza e la lucidità sono in parte venute meno negli ultimi tempi, devono essere pienamente recuperate oggi, per tutelare una piazza finanziaria che, con i suoi occupati, il suo indotto, e le sue ricadute fiscali, contribuisce in maniera determinante al tessuto economico-sociale ticinese.

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Intervista

Leggi l’intervista de La Regione Ticino

1)  Il Ticino è dimenticato da Berna? Sì, no e perché? Non per forza: dobbiamo mostrare maggiore competenza, compattezza e credibilità.

2)  La Svizzera deve continuare sulla via dei bilaterali? Si, sono necessari e vanno sostenuti tramite un rafforzamento delle misure d’accompagnamento a tutela dei lavoratori.

3) Condivide il blocco dei ristorni dei lavoratori frontalieri deciso dal Consiglio di Stato? No, non era necessario: infatti non è servito a nulla.

4) È favorevole al raddoppio della galleria stradale del Gottardo? Si, per migliorare la sicurezza ed evitare l’isolamento occorrono due tubi monodirezionali (senza aumento di capacità).

5) La Svizzera può fare a meno dell’energia nucleare? Si, dobbiamo puntare sulle energie rinnovabili (in particolare l’acqua) e sul risparmio energetico.

6) Il costo dell’assicurazione malattia preoccupa gli svizzeri. Una cassa malati unica e pubblica è la soluzione? Può concorrere a una razionalizzazione del sistema sanitario.

7) I partiti devono far conoscere bilanci e provenienza delle entrate? Si: maggior trasparenza equivale a maggior credibilità.

8 ) Fa discutere da tempo il peso delle lobby nella politica federale. Lei ha una o più lobby di riferimento? Ma le pare che possa avere una lobby? No, non rappresento alcuna lobby

9) Chi paga e quanto costa la sua campagna? Pago di tasca mia: spenderò circa 10’000 Franchi.

10)Se eletto/eletta quale sarebbe la prima proposta concreta che farebbe? Una sessione parlamentare in Ticino, come alcuni anni fa: fu un’ottima esperienza. I politici devono conoscere meglio il Ticino.

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Mobilità

La mobilità è importante, non va ridotta, ma resa più efficiente ed ecologica: ognuno deve poter scegliere il trasporto giusto per andare nel posto giusto. Dobbiamo – dove è possibile e razionale – potenziare i trasporti pubblici, migliorando la qualità dell’offerta per renderli più attrattivi e curando la loro integrazione con la mobilità privata: strada e ferrovia non devono essere contrapposti, ma complementari. Al contempo dobbiamo ridurre l’inquinamento della mobilità privata attraverso lo sviluppo di auto elettriche o della tecnologia ibrida.

(Il Caffé della domenica, 9 ottobre 2011)

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Reporter – L’informazione alla Televisione della Svizzera Italiana

Ospiti e pubblico delle grandi occasioni ieri sera per la presentazione del libro “Reporter – L’informazione alla televisione della svizzera italiana”. L’autore Nicola Pini, pungolato dal moderatore Michele Fazioli, ha percorso trasversalmente la sua pubblicazione (lavoro di mémoire del master) improntata sul programma degli anni ’70-’80 Report, trasmesso dall’allora chiamata TSI. Spinto dalla passione per politica, storia e informazione televisiva, Nicola Pini ha sottolineato nel suo libro, fra le altre cose, il tratto principale del programma: l’apertura verso il mondo, senza tuttavia dimenticare le realtà locali. A seguire sono poi intervenuti due ospiti d’eccezione: il già consigliere federale Pascal Couchepin e l’attuale direttore del quotidiano La Regione Matteo Caratti che hanno concentrato le loro relazioni sulle libertà fodamentali e i complessi meccanismi fra media e potere.

Guarda il servizio su Teleticino

Leggi il reportage e guarda a gallery su ticinolibero

Leggi l’intervista a Pascal Couchepin: “Il mio amico Nicola Pini”

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San Gottardo

5’000 firme contro la chiusura del San Gottardo per 900 giorni!

Ieri i Giovani liberali radicali ticinesi hanno consegnato al Comitato per il completamento del Gottardo oltre 5’000 firme contro la chiusura per tre anni del tunnel autostradale del San Gottardo: la petizione chiede a Cantone e Deputazione ticinese alle Camere di attivarsi affinché la Confederazione si adoperi ad evitare l’isolamento del Canton Ticino per ben 900 giorni, un isolamento che arrischierebbe di mettere in ginocchio l’economia e il turismo ticinesi.

Guarda il servizio su Teleticino

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