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No alla revisione delle borse di studio

Fra le ragioni della mia firma con riserva posta in calce al rapporto della Commissione della gestione sulla manovra finanziaria vi è sicuramente la proposta legata alle borse di studio. A prima vista può intrigare: tramutare una parte delle borse di studio per il grado terziario in prestiti, responsabilizzando maggiormente gli studenti sull’aiuto allo studio. Tuttavia una lettura più ampia della realtà in cui si muovono studenti e neolaureati pone ben più di un interrogativo sulla necessità di questa funzione pedagogica: l’assegno viene infatti già oggi accordato solamente per la durata regolare della formazione e 3 studenti su 4 svolgono già un’attività lavorativa durante gli studi per autofinanziarsi.

Inoltre, è oggi sempre più difficile trovare immediatamente un impiego anche per chi esce dall’università e, prima di trovare un’occupazione piena, stabile e ben remunerata, si è spesso obbligati a passare da vari stage per maturare quell’esperienza sempre più richiesta anche per un primo impiego. Per non parlare di un’altra realtà del nostro tempo, i posti di lavoro a tempo parziale, che oggi toccano quasi un terzo dei trentenni. Anche perché, ricordiamolo, non è che le borse di studio sostengano proprio tutti, anzi: sono accordate in modo oculato e mirato, destinate a studenti di famiglie della fascia medio-bassa, anche grazie al recente passaggio dal criterio del reddito imponibile a quello del reddito disponibile, scelto proprio per limitare gli aiuti unicamente a coloro che ne hanno davvero bisogno e prevenire eventuali abusi. Ragioni in più, queste, per non banalizzare un debito di 25’000-30’000 CHF – peraltro giudicato medio-alto dalle politiche pubbliche che si occupano di prevenzione dell’indebitamento – sulle spalle di giovani ai quali la società chiede non solo di camminare sulle proprie gambe, ma di costruirsi un futuro professionale e un progetto di vita, investendo nell’economia reale, partecipando alla vita sociale e politica, creandosi una famiglia (ricordo che un recente studio ha confermato che il fattore finanziario incide sulla scelta di fare figli). Tutti obiettivi importanti, necessari, ma non scontati; ancora meno scontati se il giovane parte con un debito sulle proprie spalle, con le inchieste che ci dicono che oltre la metà di chi ha un debito in giovane età lo porta con sé per molti anni, se non per sempre.

Mi chiedo poi se tale misura porti per davvero a un risparmio. Anche in questo caso nutro dei dubbi: per gestire il recupero dei prestiti, infatti, occorrerà più burocrazia e forse un potenziamento dell’apparato amministrativo addetto alle borse di studio (di certo sarà necessario offrire agli studenti una consulenza su come programmare il rientro finanziario, per evitare il perpetuarsi oil peggiorare della situazione). Un recupero che, l’esperienza insegna, non è nemmeno scontato: non è sempre così facile, né gratuito, riscuotere i prestiti, anche senza interessi o con tassi d’interesse minimi. Senza dimenticare che la formula dei prestiti amplia probabilmente la portata delle deduzioni fiscali per i figli agli studi, non eliminando quindi le spese dello Stato, ma semplicemente spostandole.

Un ultimo elemento, che in realtà è il primo e il più importante: intervenire nell’ambito della formazione dei giovani per riportare l’equilibrio finanziario all’interno dello Stato non può che essere l’ultima ratio, l’ultimissimo ambito di intervento, e soprattutto sempre ben ponderato. Il futuro del Cantone dipende soprattutto dalle scelte che fanno e faranno i giovani ticinesi in ogni ambito, dagli studi alla politica. A loro va lasciato campo per formarsi, per sognare, per creare, per organizzarsi e per migliorare la società. Altrimenti smettiamola di dire che i giovani sono il futuro.

*Pubblicato su La Regione Ticino di oggi

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Le pacche sulle spalle non bastano!

Caro Stefano Franscini, un giovane liberale ti scrive…

(pubblicato in La Regione, 29.05.2010)

Caro Stefano Franscini;

c’è chi sostiene che, lanciando l’iniziativa popolare per la realizzazione in Ticino di una struttura multifunzionale per minori che delinquono, i Giovani liberali radicali ti abbiano tradito. Certo, chi l’ha affermato non si è preso il tempo di descrivere il reale oggetto dell’iniziativa GLR – che non è un carcere minorile, ma, appunto, una struttura moderna e multifunzionale – perché in quel caso avrebbe dovuto specificare che non si è in presenza di un approccio repressivo, fortunatamente superato, ma al contrario di un approccio finalizzato al recupero del minore problematico e alla preparazione del suo reinserimento sociale e lavorativo. Un approccio che, ne siamo convinti, rientra pienamente nello spirito fransciniano del dare un’opportunità e una formazione a tutti, anche a chi – per ragioni diverse – non ha avuto o non ha assorbito un’educazione improntata sulle basilari fondamenta del vivere quotidiano e di conseguenza va aiutato, non abbandonato a sé stesso o – se e quando c’è posto – spedito fuori Cantone in una sorta di moderno ostracismo.

Chi l’ha affermato ha inoltre omesso di spiegare che pene e misure, nell’ambito del diritto penale minorile, sono volte alla protezione e all’educazione del giovane: il distacco dalla società non è uno scopo, ma l’occasione per preparare il reinserimento del minore; non è un periodo di neutralizzazione o di reclusione, ma un periodo di riflessione e formazione. Perché, alla fine dei conti, essere istruiti è il miglior modo per essere liberi. Non stupisce quindi che, secondo le disposizioni di legge in vigore dal 2007, tale periodo debba essere eseguito in un istituto nel quale ad ogni minore viene garantito un sostegno educativo e formativo conforme, dove questi giovani non sono mai abbandonati a loro stessi e tutte le loro attività sono pianificate da personale formato e qualificato. Un istitituto, per farla breve, che in Ticino manca.

Chi ha cercato di farci litigare, Caro Stefano, si è perfino dimenticato di riferire che i Giovani liberali radicali allo stesso tempo hanno messo sul tavolo anche un’altra proposta, vale a dire una petizione volta a perfezionare e consolidare il sistema delle borse di studio, pilastro fondamentale della democratizzazione degli studi da te iniziata con l’istituzione della scuola pubblica.

Siamo quindi convinti, Caro Stefano, che sosterresti e firmeresti sia l’iniziativa popolare per la realizzazione di una struttura multifunzionale per minori che delinquono, sia la petizione che chiede l’adesione del Canton Ticino al Concordato sulle borse di studio. Quanto alle opposizioni che ci troviamo ad affrontare, immaginiamo cosa ci diresti: anche l’istituzione della scuola pubblica e obbligatoria è stata criticata da molti perché toglieva forza lavoro dai campi, ma non per questo l’idea di un’istruzione gratuita per tutti non era cosa buona e giusta.

Con stima e ammirazione.

Nicola Pini, presidente Giovani liberali radicali ticinesi

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