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Ripensare la mobilità

Qualche giorno fa ho avuto il privilegio di partecipare a Berna alla prima conferenza nazionale sulla mobilità, dove oltre 300 esperti in rappresentanza di mondo economico, scientifico, associativo e politico hanno riflettuto sul futuro del settore; l’ho fatto in particolare portando la voce del Ticino nella tavola rotonda politica che ha seguito l’intensa giornata di approfondimenti. Chiaro a tutti, e tutti concordi, che la mobilità del futuro sarà multimodale, automatizzata, condivisa ed ecologica; come anche il fatto che l’ormai vecchia opposizione tra trasporto pubblico e individuale – o tra gomma e ferrovia – è superata dall’arrivo non solo della mobilità lenta (bici, monopattini) ma anche di quella che potremmo chiamare la “mobilità condivisa”(car sharing, bike sharing, piattaforme di condivisione) che spinge sempre più persone verso quella multimobilitàlodata in apertura del convegno dalla Consigliera Federale Simonetta Sommaruga. Da parte mia – oltre che presentare le specificità e le politiche del nostro Cantone, che tutti ben conosciamo – ho cercato di stimolare i presenti sul fatto che la parola centrale per la mobilità del futuro sarà quella di “coordinamento”: coordinamento tra mezzi di trasporto (ad esempio coniugando il carattere flessibile dell’automobile nelle regioni periferiche con l’efficienza del trasporto pubblico negli agglomerati); coordinamento tra infrastrutture sempre più efficienti che consentano fluidità e intermodalità; coordinamento tra livelli istituzionali (anche perché durante la giornata sono stati ribaditi più volte sia la necessità di ricercare soluzioni diverse, specifiche e su misura, sia l’importanza che devono giocare comuni, città e agglomerati nella definizione delle stesse); e infine coordinamento tra politiche pubbliche. La sfida della crescente domanda di mobilità, sommata a un aumento della popolazione, è infatti affrontabile solo con un approccio integrato che coinvolga anche le politiche legate allo sviluppo territoriale (densificazione e rilancio delle zone periferiche), all’urbanizzazione (con una ridefinizione dello spazio pubblico), al lavoro (flessibilità, lavoro da casa, spazi di co-working decentralizzati), alla formazione (ubicazione scuole, mense e differenziazione orari scolastici), alla ricerca e all’innovazione (efficienza energetica, mobilità elettrica, automazione, nuove misure digitali di gestione del traffico). Un approccio olistico, insomma. E questo con la consapevolezza che una totale libertà di movimento – senza regole né incentivi né limiti – possa non solo compromettere di fatto la reale libertà di muoversi (“rien ne bouge quand tout bouge”), ma anche avere delle pesanti conseguenze sull’ambiente di domani (si parla del 32% delle emissioni di CO2), e perciò delle misure di regolamentazione e pilotaggio – se proprio anche di limitazione della libertà personale – possano qui essere considerate anche in un’ottica liberale radicale. Insomma, se in passato la Svizzera ha saputo innovare, ora si trova nella possibilità di mantenere questa tradizione, lavorando non su una nuova cultura (al singolare) della mobilità sostenibile, ma piuttosto su nuove culture (al plurale) della mobilità sostenibile che permettano ad ognuno di trovare la propria via, con l’intento di trasformare lo spostamento da una perdita di tempo a un guadagno di tempo, per sé e per gli altri.

* Pubblicato sulla Regione di oggi.

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Pini Piazza Grande

Grazie!

A volte in politica ci si sente soli, soprattutto quando ragioni con la tua testa e hai il coraggio delle tue idee. Invece ieri mi sono voltato e dietro di me eravate moltissimi: GRAZIE DI CUORE. “Lavoriamo” non era uno slogan, ma una promessa. Facciamolo insieme per altri quattro anni in Gran Consiglio.

Guarda i risultati delle Elezioni Cantonali 2019

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Intervento Congresso Cantonali 2019

Perché votare PLR?

A urne ormai aperte, ognuno di noi deve convincere nuovi elettori – al bar, sul bus o in spogliatoio – a votare PLR e lista numero 5. Ma perché farlo? Bisogna votare PLR perché abbiamo uno sguardo rivolto al futuro, lanciamo delle visioni e poi le concretizziamo: collegamento a internet in tutto il Cantone, telelavoro e co-working stanno ad esempio diventando realtà. Bisogna votare PLR perché il nostro Partito lavora con tutti coloro che vogliono trovare soluzioni, non importa chi siano. Bisogna votare PLR perché vogliamo adeguare politiche e istituzioni al mondo che cambia, senza dogmi o battagliedi retroguardia, opponendosi a quelli che “sono per una riforma, ma non ancora”; e perché per noi la dignità istituzionale è importante e non la sacrifichiamo per un po’ di popolarità. Bisogna votare PLR perché sappiamo che nulla è gratis e tutto ha un costo che va soppesato; e perché prima di tutto c’è il lavoro. Bisogna votare PLR perché cerchiamo sempre una sintesi trai bisogni degli imprenditori e dei lavoratori, coscienti che gli uni non possono vivere senza gli altri e che la libertà è sia quella di fare che quella dai bisogni. Bisogna votare PLR perché vogliamo dare a tutti le stesse opportunità di partenza; e perché crediamo nella responsabilità individuale e sociale. Bisogna votare PLR perché quando parliamo di assistenza non ci limitiamo a dire che sono stranieri o lazzaroni o che è tutta colpa del mercato del lavoro: indaghiamo la realtà, spesso sfaccettata, e identifichiamo soluzioni puntuali (tipo nuove misure per dare una formazione ai giovani in assistenza, la cui maggioranza non ha un diploma). Bisogna votare PLR perché le nostre posizioni nascono da un confronto delle varie sensibilità che animano un partito interclassista e diffuso sul territorio come il nostro, con i suoi quasi 200 municipali e oltre 800 consiglieri comunali. Bisogna votare PLR perché noi vogliamo convincere e non piacere, proporre e non criticare.

* Editoriale Opinione liberale di oggi

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Onsernone da Gresso

Spazi decentralizzati sul territorio per dipendenti dell’amministrazione cantonale

Dando seguito alla mozione “Meno traffico e costi, più sviluppo, qualità di vita e migliore conciliabilità tra lavoro e famiglia grazie al telelavoro”, presentata da Nicola Pini e Natalia Ferrara, nel giugno del 2018 il Consiglio di Stato ha autorizzato l’avvio della fase sperimentale del progetto “Telelavoro in Amministrazione cantonale”che si estende sull’arco di un anno e che coinvolge una cinquantina di collaboratori, prevedendo la possibilità di lavoro a distanza svolto al domicilio del dipendente o in sede alternativa per una durata a partire da mezza giornata, fino a un giorno alla settimana, in base al grado d’occupazione. L’obiettivo del progetto pilota è quello di permettere una sperimentazione per approfondire e valutare la possibilità di introdurre, in futuro, un modello di lavoro complementare a quello in un ufficio lontano dal proprio domicilio che tenga in considerazione i temi della conciliabilità tra lavoro e famiglia, di una mobilità più sostenibile (riduzione spostamenti) e di una maggiore attrattiva delle regioni periferiche.

In attesa dei risultati della sperimentazione e – si pensa e spera – dell’implementazione di un sistema definitivo di telelavoro, con questa mozione si chiede al Consiglio di Stato di attivarsi per predisporre delle sedi decentralizzate – nei capoluoghi e nelle regioni periferiche – di proprietà del Cantone, o nei quali il Cantone è già in affitto, degli spazi o uffici a disposizione di funzionari che, saltuariamente o per un giorno fisso la settimana, possono utilizzarli per lavorare in un luogo più vicino al proprio domicilio. Ciò permetterebbe di rafforzare quanto intrapreso, offrendo un’ulteriore opzione a chi, per necessità o volontà, vorrebbe usufruire del telelavoro ma non da casa o deve rispettare determinati standard di sicurezza o confidenzialità. Un’opzione che, oltre alla messa a disposizione di spazi, implicherebbe unicamente di elaborare un sistema di gestione delle riservazioni delle postazioni per evitare che due persone lo stesso giorno abbiano l’idea di lavorare dalla medesima postazione.

Tale opzione potrebbe parzialmente rispondere anche alla richiesta, che torna periodicamente nell’agenda politica cantonale, di delocalizzare parte dell’amministrazione cantonale nelle zone periferiche, in particolare dove l’economia locale tende a stagnare (si vedano i vari atti parlamentari presentati al riguardo). Nel concreto: laddove non è possibile decentralizzare dei servizi cantonali nelle regioni periferiche, si può quantomeno mettere a disposizione dei funzionari che lì vivono degli spazi per poter lavorare saltuariamente.

I sottoscritti Deputati chiedono dunque al Lodevole Consiglio di Stato di predisporre nelle sedi decentralizzate di proprietà del Cantone, o nei quali il Cantone è già in affitto, degli spazi o uffici a disposizione di funzionari che, saltuariamente o per un giorno fisso la settimana, possono utilizzarli per lavorare in un luogo più vicino al proprio domicilio. 

Nicola Pini e Omar Terraneo

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Foto FLP

Il Malcantone merita di più

Ho letto con interesse l’articolo del collega Tiziano Galeazzi sull’ultimo numero di “Il Malcantone”, di cui riprendo il titolo, che condivido. Concordo anche sul fatto che la priorità politica per il Malcantone sia quella di togliersi le catene del traffico, trovandosi ora – e il Gran Consiglio lo ha recentemente ribadito – in una situazione di “soffocamento”(questo il termine utilizzato dal legislativo). La strada principale che da Ponte Tresa attraversa i comuni di Caslano e Magliaso fino ad Agno rappresenta infatti uno tra gli assi cantonali più sollecitati: oggi al Vallone d’Agno in un giorno feriale circolano in media 27’000 veicoli e tra le rotonde di Magliaso e della Magliasina se ne contano addirittura fino a circa 34’000; a ciò – ma non devo certo spiegarlo qui – si aggiungono i problemi di sicurezza riconducibili anche alla presenza del tracciato della Ferrovia Lugano-Ponte Tresa. Soluzioni miracolose, rapide e facilmente realizzabili non esistono: occorre ammetterlo anche a ridosso delle elezioni. Quel che si può fare, invece, è cercare di agire su più livelli senza perdersi in sterili polemiche – che in passato tanti progetti hanno affossato, portando al caos di oggi – e soprattutto senza paura di rompere qualche tabù. Al di là di interventi puntuali, vanno realizzate al più presto la Circonvallazione (forza!) e la rete Tram-Treno (dai!): per quest’ultima – come rilevato dal rapporto del Gran Consiglio da me redatto insieme al collega Caverzasio – bisognerà fare in modo che da un lato non intralci ulteriormente la mobilità privata e dall’altro che sia la più utilizzabile possibile. Sarà importante che per la sua entrata in funzione siano realizzati ampi parcheggi ai terminali, a Manno ma soprattutto a Ponte Tresa, con l’intento di trasferire più traffico transfrontaliero possibile da gomma a rotaia. Se necessario anche – e qui il Gran Consiglio ha rotto un tabù – finanziando con soldi nostri infrastrutture in Italia, se queste tolgono frontalieri dalla strada. Anche l’idea di riservare corsie preferenziali in dogana per chi condivide l’auto andrebbe poi approfondita, così come richiesto da un atto parlamentare; e bisogna continuare a lavorare sulla mobilità aziendale (per la quale abbiamo stanziato un fondo di 2 milioni).Sarà infine altrettanto necessario realizzare le due gallerie tra Agno e Ponte Tresa già inserite quale dato acquisito del Piano direttore cantonale: difficilmente si vedranno prima del 2030, ma dobbiamo portarci avanti e già iniziare a progettarle, così come fatto con il collegamento A2-A13 del Locarnese. Ciò che la politica decide oggi si vedrà solo dopo(dopo)domani: ma non per questo non è urgente agire.

Quanto al manco di progettualità evocato da Galeazzi, mi chiedo se non sia il caso che Comuni, Ente regionale per lo sviluppo, Organizzazione turistica regionale e Cantone lancino – sul modello di quanto si sta ad esempio facendo per le Valli del Locarnese – un piano di sviluppo regionale, tecnicamente denominato Masterplan. È vero, difficilmente questa ricerca di una visione di sviluppo condivisa e una serie di progetti coerenti e legati tra di loro potrà rientrare ufficialmente sotto il cappello della politica economica regionale, non essendo il Malcantone una regione “a basso potenziale di sviluppo”, ma non per questo il metodo non può essere seguito, o lo strumento non può rivelarsi un timone per navigare il mare in tempesta. Con l’obiettivo, che sia chiaro dall’inizio, non di produrre carta e documenti (ce ne sono già troppi), ma progetti sul territorio inseriti in una strategia globale. Mobilità, turismo, cultura, natura, qualità di vita sono infatti elementi che possono essere maggiormente valorizzati con una visione di insieme: ne sto facendo l’esperienza in Valle Onsernone. Il tutto anticipando un fenomeno, quello della digitalizzazione, che porta con sé grandi cambiamenti (e qualche paura), ma anche opportunità: lavoro da casa, nuove professioni, nuove modalità di erogare e beneficiare di servizi, nuove offerte. Un mondo insomma, da sfruttare e non da subire. Proprio perché sì, il Malcantone merita di più. Di più di parole e critiche poco costruttive.

* Opinione pubblicata sul periodico “Il Malcantone”, febbraio 2019

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02Territorio-siamo-noi

Consideriamo l’impatto ambientale delle nostre decisioni

Il volto della ragazza svedese Greta Thunberg è diventato, dal suo discorso alla COP 24 in Polonia, il simbolo di una gioventù che vuole mettere in guardia la politica mondiale sull’emergenza climatica. Questo movimento sta assumendo una dimensione internazionale e molti giovani anche in Svizzera hanno fatto altrettanto. Il loro grido profondo si rivolge direttamente alle autorità politiche e alle loro azioni per le generazioni future: devono fare molto meglio e molto di più per proteggere il pianeta e dare un futuro alle nostre generazioni future! Il 18 gennaio 2019, molti giovani in Svizzera hanno accolto questo appello alla sensibilizzazione ai cambiamenti climatici, anche in Ticino. Più di 1000 giovani provenienti da tutto il Ticino si sono riuniti a Bellinzona per marciare per il clima. Alla manifestazione hanno partecipato – in via personale – anche dei membri di Consiglio di Stato e Gran Consiglio, che hanno così potuto recepire diversi messaggi lanciati da questi giovani.

Il loro messaggio si rivolge direttamente a noi, autorità politiche di tutti i livelli istituzionali, Cantone compreso. Abbiamo la responsabilità di non rimanere sordi alla loro chiamata e di essere all’altezza della nostra carica, in primis spiegando cosa le Istituzioni hanno fatto o stanno facendo (pensiamo ad esempio all’introduzione della tassa sul sacco cantonale, ma anche agli investimenti sul trasporto pubblico e sull’efficienza energetica), ma anche impegnandosi a fondo su cosa resta fare e, in ogni nostra decisione, considerare anche gli aspetti ambientali. Il territorio che abbiamo eredito dai nostri genitori va consegnato ai nostri figli: non siamo proprietari dell’ambiente in cui viviamo, ma lo abbiamo in affitto, con il dovere di preservarlo per le generazioni future.

Considerato che in tutta la Svizzera e in anche in Ticino le manifestazioni riuniscono giovani e meno giovani che con forza ribadiscono il loro messaggio per una politica climatica e ambientale responsabile, riteniamo fondamentale dare il nostro pieno sostegno ai giovani ticinesi che si mobilitano per il clima e che chiedono un profondo cambiamento nelle politiche climatiche, per il futuro del nostro pianeta e per le generazioni future. E questo considerando l’impatto ambientale in ogni decisione presente e futura: per questo proponiamo che in ogni messaggio governativo all’indirizzo del Gran Consiglio sia inserito un breve capitolo sulle conseguenze ambientali (esistenti o inesistenti) dello stesso; e questo analogamente a quanto avviene attualmente per le conseguenze sul personale, sugli enti locali e sul piano finanziario. In questo modo, Governo e Parlamento saranno obbligati a considerare questo importante aspetto per ogni decisione. Parallelamente, chiediamo al Consiglio di Stato di farsi promotore nella prossima legislatura di un Tavolo dell’Ambiente, così come fatto in questa legislatura con il Tavolo dell’Economia, magari partendo da quanto organizzato sul riscaldamento climatico lo scorso 12 febbraio su impulso del Dipartimento del Territorio. L’intento deve essere quello di fare un bilancio di quanto si sta facendo e trovare nuove vie da percorrere, insieme.

Convinti dell’importanza di preservare l’ambiente nel quale viviamo e di considerare l’impatto ambientale nelle nostre decisioni presenti e futuri, i sottoscritti Deputati chiedono quindi al Consiglio di Stato di:

  • inserire in ogni messaggio governativo – come già avviene per le conseguenze sul personale, sugli enti locali e sul piano finanziario – anche l’impatto ambientale, in modo che il tema sia valutato in maniera costante da Consiglio di Stato e Gran Consiglio;
  • farsi promotore di creare un Tavolo dell’Ambiente, sulla scorta di quanto già realizzato con il Tavolo dell’economia che ha dato risultati concreti, con l’intento di trovare nuove vie da percorrere.

Nicola Pini – Bruno Buzzini – Ivo Durisch – Giorgio Fonio

* Mozione presentata il 18 febbraio 2019

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Orari differenziati Losanna

Differenziamo gli orari di inizio delle scuole superiori e di SUPSI per agevolare la moblità pubblica e privata

Ecco il testo della mozione inoltrata oggi con il collega Fabio Käppeli:

“In treno, in bus o in auto poco importa, spostarsi al lavoro o a scuola in alcuni orari – specie al mattino tra le 7.00 e le 8.00 – risulta essere problematico: auto in colonna, lavoratori in piedi sul treno e perfino studenti che non riescono a salire sul bus. Oltre a sostenere e incentivare la flessibilità del lavoro da parte di datori di lavoro pubblici e privati, occorre anche puntare su un’ottimizzazione della mobilità scolastica, in particolare attraverso un adeguamento e soprattutto una differenziazione degli orari scolastici con l’intento di alleggerireil carico di utenti nelle ore di punta, permettendo così di poter usufruire più comodamente dei mezzi pubblici, come anche di diluire il traffico privato.

Tale opzione – per quanto riguarda in particolare le scuole dell’obbligo – era già stata suggerita tramite un’interrogazione, ma non era stata accolta dal Consiglio di Stato in quanto a suo dire non realizzabile, perché anticipare l’inizio delle scuole non sarebbe pensabile visto che già oggi molti ragazzi partono da casa alle 7.00/7.30, mentre posticipare la fine non farebbe altro che spostare il problema a un’altra fascia oraria problematica, quella tra le 17.30 e le 18.00. Infine, una tale opzione dovrebbe poter contare sia su una ristorazione scolastica generalizzata, di cui oggi il Cantone non dispone, sia su una riduzione delladurata della pausa sul mezzogiorno a 60-80 minuti (dagli attuali 120-140 o più minuti); riduzione che potrebbe a sua volta cozzare con le abitudini di famiglie, docenti, direzioni scolastiche e associazioni. In altre parole, sarà eventualmente musica del futuro.

La proposta potrebbe però essere indirizzata alle scuole superiori, dove forse le rigidità paventate precedentemente sono meno presenti. Con la presente mozione proponiamo quindi al Consiglio di Stato – in collaborazione con gli attori interessati, in particolare scuole, SUPSI, imprese di trasporto e Commissioni regionali dei trasporti – di stimolare, approfondire e se possibile sperimentare uno o più progetti in tal senso, concentrandosi ad esempio sul comparto Liceo, Scuola cantonale di commercio, Arti e Mestieri a Bellinzona e soprattutto sui nuovi campus SUPSI previsti nelle immediate vicinanze delle stazioni FFS di Mendrisio e Lugano (campus che muoveranno diverse migliaia di studenti).

Un approccio, questo, già avviato in svizzera tedesca. Nel 2016, ad esempio, la Scuola universitaria professionale di Lucerna e le FFS hanno comunicato lo spostamento degli orari in base ai bisogni dei pendolari: gli studenti potranno così viaggiare su convogli meno carichi e contemporaneamente è stato diminuito il traffico di viaggiatori negli orari considerati da bollino rosso. Nel 2017, in vista dell’apertura di un nuovo campus, anche la Fachhochschule Nordwestschweiz e le FFS hanno avviato una collaborazione sempre in questo senso, chi impegnandosi a fermare dei treni a lunga percorrenza in prossimità della scuola, chi impegnandosi a posticipare l’orario di inizio di almeno un’ora per un terzo degli studenti (giocando sulle ore buca).

Sulla base di quanto precede, i sottoscritti deputati chiedono al Consiglio di Stato – in collaborazione con tutti gli attori interessati – di approfondire e realizzare dei progetti per differenziare, dove possibile e utile, gli orari scolastici con l’intento di alleggerire il carico di utenti nelle ore di punta, migliorando attrattiva e funzionalità del trasporto pubblico”.

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Gran Consiglio vuoto

Per un sostegno fattivo ai parti naturali e alla riduzione dei costi della sanità

Con il sostegno dei colleghi Ivo Durisch, Giorgio Fonio e Amanda Rückert ho inoltrato una mozione per sostenere i parti naturali in modo da evitare disparità di trattamento e, a medio termine, provare a ridurre i costi della sanità. Libertà ed equità sono due valori in cui credo molto e con questa mozione vogliamo permettere a ogni donna che vuole e può partorire in casa propria o in una casa nascita, di farlo senza essere penalizzata finanziariamente; o peggio ancora di non doverci rinunciare per questioni finanziarie.

IL TESTO DELLA MOZIONE

Quando possibile fisiologicamente, è risaputo che i parti naturali non ospedalieri costano meno rispetto a quelli ospedalieri (cfr. tabella qui sotto, ripresa dalla mozione di Gina La Mantia “Per un’ostetricia sicura e di qualità” del 19 settembre 2016). Tale scelta da parte di chi sta per partorire rappresenta quindi una possibilità non solo o non tanto da un punto di vista etico, ma anche e soprattutto – per quel che ci concerne – da un punto di vista finanziario e di politica sanitaria.

  • Costo medio della degenza per un cesareo: circa CHF 9’900
  • Costo medio per un parto normale: circa CHF 6’200
  • Costo per un parto a domicilio (comprese le visite pre- e post-parto a domicilio): circa CHF 2’500
  • Costo per un parto in casa nascita: circa CHF 3’100

Ciò che stupisce è che sebbene i parti non ospedalieri costino meno al sistema, non per forza essi comportano un costo minore per chi li sceglie. Ad esempio le famiglie che partoriscono in una casa nascita (strutture indipendenti che a dire dello stesso Consiglio di Stato – nel M7342 in risposta alla già citata mozione La Mantia – non pongono nessun tipo di problema), si fanno carico di costi pari ad almeno 600 CHF, a cui vanno aggiunti 10 CHF al giorno per ogni giorno di picchetto durante il quale le levatrici restano a disposizione per il parto, giungendo pertanto facilmente ad una spesa a 4 cifre per la famiglia.

Si pone quindi una questione di opportunità non solo per quanto riguarda la parità di trattamento e il principio di equità, ma anche per l’aspetto meramente finanziario: di fatto, si disincentiva finanziariamente un metodo che – come detto, ma ribadiamolo: quando possibile – permette di abbassare i costi della sanità a carico del Cantone (e di conseguenza, seppur in minima parte, dei premi di cassa malati che ogni anno vediamo aumentare). A titolo di esempio si potrebbe citare l’esempio della casa nascita “Lediecilune” di Lugano, attualmente l’unica di questo genere in Ticino che, assistendo ogni anno a una ventina di parti in sede e altrettanti a domicilio, porta a un risparmio per il Cantone da loro stimato a circa CHF 100’000/130’000 l’anno perché interamente coperto dalle casse malati secondo LAMal senza che il Cantone debba contribuire con il 55% come avviene per i parti ospedalieri.

Al tema si stanno interessando diverse realtà. Se la creazione all’interno di ospedali di strutture gestite da levatrici è attualmente in fase di sperimentazione presso alcuni ospedali svizzeri (sperimentazione di cui l’EOC attende i risultati prima di eventualmente muoversi in tale direzione), il Centre hospitalier universitaire vaudois(CHUV) di Losanna si è spinto oltre: in cambio di una raccolta di dati e statistiche, l’ospedale copre infatti a proprie spese il forfait richiesto dalle case nascita usando parte del contributo che il Cantone versa per ogni parto. Una misura, questa, che potrebbe venire intrapresa anche in Ticino in via sperimentale e per un lasso di tempo determinato, con un bilancio finale che permetta di quantificare esattamente il vantaggio finanziario per il sistema e per il Cantone. L’intento sarebbe una valutazione dell’efficacia del provvedimento (in termini di incentivo iniziale e di risparmio finale), prima di eventualmente proseguire in tale direzione in futuro, eliminando così il disincentivo finanziario per chi sceglie, di fatto, un parto che comporta un costo inferiore al sistema sanitario. Essendo l’importo pagato dai cittadini per il singolo parto contenuto (CHF 600 a nascita), ed essendo tali parti ancora praticati in numero contenuto sul nostro territorio, questa misura potrebbe pertanto comportare una spesa nell’ordine di un paio di centinaia di migliaia di franchi per un arco di tempo di tre o quattro anni.

I sottoscritti Deputati, convinti dell’importanza di contenere i costi della sanità, di evitare inutili sovramedicalizzazioni e di favorire quando possibile il parto fisiologico, chiedono dunque al Lodevole Consiglio di Stato da un lato di adoperarsi – secondo i giusti canali – affinché il “disincentivo finanziario” venga neutralizzato, e dall’altro di assumersi sperimentalmente e per un periodo determinato il costo del forfait (CHF 600) per chi sceglie un parto naturale extra ospedaliero.

MAGGIORI INFORMAZIONI

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#proviamosenzauto

Ho scelto di sperimentare un mese senz’auto per capire se ne vale la pena per il lavoro, la famiglia, la qualità di vita, ma anche cosa funziona e cosa magari si può migliorare nel sistema. Far politica per me significa anche camminare qualche metro con le scarpe degli altri per cercare nuovi sguardi, nuove risposte, nuove idee, senza paura di rimettersi in discussione e di mettere alla prova le proprie convinzioni. L’ho fatto all’inizio dell’anno con una supplenza in una scuola media, ci ho riprovato su un altro tema importante, quello della mobilità, del quale mi occupo molto politicamente e professionalmente. Un’esperienza utile che mi ha molto arricchito, fornendomi nuove piste di lavoro che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi approfondirò: proprio per questo il documento di bilancio è da intendersi in continua evoluzione (anche perché non ho smesso di utilizzare, quando posso, il trasporto pubblico). Naturalmente nuovi input sono i benvenuti!

Bilancio #proviamosenzauto (pdf)

Articoli e trasmissioni:

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PLR 1975

L’addio dei giganti – Ciao Peo (e non solo)

Non so se chi legge conosce “Il Trono di Spade”, serie televisiva fantastica in cui uomini e donne si contendono il trono dei Sette Regni aiutati da svariate creature. Fra queste ci sono i giganti, creature mastodontiche che si muovono lente ma con potenza, spesso dalle seconde file, pur essendo dei combattenti nati e spesso decisivi con un sol colpo. A differenza dei draghi i giganti però esistono e purtroppo, negli ultimi mesi, ne abbiamo persi alcuni nel nostro partito, nel nostro Cantone. Persone dal grande carisma, navigati signori della cosa pubblica, menti pensanti e brillanti, uomini che non avevano paura né della vita né delle idee; politici intelligenti, colti e arguti, capaci di coniugare principi solidi con capacità di dialogo e concretezza, dall’intesa di sinistra all’interpartitica. Con personalità e modi di fare anche molto diversi, a volte confrontandosi duramente tra loro, erano da tempo impegnati per rendere migliore il nostro Paese: più prospero, più moderno, più giusto e più vicino ai cittadini. In tempi molto distanti da quelli odierni hanno affrontato alcune delle sfide che ancora oggi ci impegnano: il lavoro, la giustizia e i rapporti con l’estero, per esempio. Le loro impronte sono innumerevoli e hanno permesso a chi è venuto dopo di loro di vivere una situazione che, per quanto difficile, è ancora privilegiata. Giganti che hanno compiuto scelte impegnative e coraggiose, che quando avevano meno di quarant’anni avevano già deciso di servire la collettività con l’ambizione di fare la differenza, per cui la cultura politica era un pregio e non un difetto; persone a cui è anche capitato di perdere ma a cui il più delle volte il tempo ha dato ragione.

Se quando ho scelto il partito in cui impegnarmi non ho avuto alcuna esitazione è stato anche per questi giganti, che allora guardavo da lontano (da cittadino e da studente in storia) e che poi ho conosciuto (da politico). Conoscerli non mi ha deluso, bensì sorpreso. Negli anni non hanno mai lesinato consigli, precisazioni e anche qualche – giusta – tirata d’orecchio, quando con una telefonata o una nota scritta a mano e recapitata a casa sapevano sempre ricordarmi il valore dell’umiltà e degli ideali. Essendo enormi, i giganti con il loro essere toccano le vite di tante persone e ognuno ha i suoi ricordi e i suoi aneddoti (troppo pochi per me, benché intensissimi; un po’ per timore reverenziale e un po’ per paura di disturbare ho passato con loro meno tempo e ho posto meno domande di quelle che avrei voluto, purtroppo). Mancheranno, a tutti noi, i giganti.

In occasione del recente funerale di uno di questi giganti, suo figlio ha raccontato commosso che, in fondo, non era poi così grave se suo papà in vita – nonostante propositi e solleciti – non avesse avuto modo di scrivere le sue memorie, perché i suoi insegnamenti, la sua apertura e il suo senso della giustizia erano stati assorbiti, erano nei figli e negli amici che lo avevano conosciuto. Ed è vero. Non penso ci possano vedere, sentire, men che meno leggere, oggi, questi giganti, ma se potessero farlo beh, spero possano capire che hanno trasmesso a tante persone, a tanti giovani, la voglia di impegnarsi per gli ideali di libertà, responsabilità, solidarietà e giustizia. Certo, in un mondo completamente diverso dal loro, ma che non per questo ha meno bisogno di loro.

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