Energia

L’acqua che scorre tra le dita

Si è parlato molto di questioni energetiche in Ticino da due anni a questa parte, ma tra le polemiche su AET, amplificate ad arte dalla Lega, e l’altrettanto opulento populismo verde in merito ad esempio alla questione della centrale di Lünen, abbiamo forse perso di vista la risorsa principale di cui disponiamo nel nostro Cantone: l’acqua. Sfruttata in passato soprattutto dalle Partnerwerke d’oltralpe e purtroppo solo in minima parte dalla nostra azienda elettrica cantonale, la forza idrica è il vero oro di cui disponiamo: quante montagne, quanti fiumi, quanti bacini caratterizzano il nostro Ticino. Spesso ci si dimentica, infatti, che si tratta di una parte consistente e determinante del nostro patrimonio, della nostra vera ricchezza, di certo più concreta e meno volatile rispetto a certi prodotti finanziari. Forse ancora una volta, come ticinesi, abbiamo dato prova di poca saggezza affrontando tematiche energetiche soltanto per partito preso, o meglio, per alimentare una logica di partito volta esclusivamente ad arraffare consensi, senza realmente proporre delle soluzioni ragionevolmente applicabili.

Ci si perde spesso in discussioni estenuanti su vettori energetici come il solare o l’eolico, quando è palese a tutti ormai che queste fonti, sebbene vadano fortemente incoraggiate, sostenute e aumentate, non possono per ora assumere un ruolo determinante per l’approvvigionamento energetico del nostro Cantone. Non abbiamo il vento del nord o il sole del sud – tant’è vero che persino i verdi sembrano progressivamente orientarsi verso il risparmio energetico, di certo più solido, ma che ancora non rappresenta la panacea a tutti i problemi, sebbene possa contribuire a risolverli – ma abbiamo l’acqua. E se consideriamo il potenziale energetico della risorsa idrica, ci accorgiamo di quanto lo stesso sia già oggi enorme: ecco perché sono convinto che il primo obiettivo da raggiungere a medio termine sia quello di recuperare lo sfruttamento delle acque ticinesi a suo tempo concesso alle forze produttrici della Svizzera interna, garantendoci così la sicurezza dell’approvvigionamento energetico del futuro – per di più da fonte rinnovabile – e attingendo a piene mani a quella ricchezza per ora solo idrica, ma che potrà presto tramutarsi in risorsa finanziaria vera e propria da porre a vantaggio del nostro territorio.

Per fare ciò occorre però una strategia solida e condivisa, contestualizzata nella realtà odierna, caratterizzata dalla scarsità di energia e dalla conseguente preziosità soprattutto dell’energia di punta. Energia di punta di cui potremmo disporre in misura ancora maggiore qualora avessimo il coraggio di investire in progetti di pompaggio fondamentali anche per poter sfruttare al meglio le catene di produzione idroelettriche già esistenti. Si dice che la Svizzera è la batteria d’Europa: ebbene, occorre precisare che sono i Cantoni montani della Svizzera ad essere la batteria d’Europa, e di questi Cantoni il Ticino fa parte a pieno titolo!

Ma le polemiche sulle questioni energetiche proseguiranno ancora, purtroppo, con le “nuove” forze politiche che modellano le loro argomentazioni non certo per valorizzare le potenzialità dell’acqua, ma piuttosto per tirarla “al proprio mulino”, chi accondiscendendo ai desideri delle grosse ditte produttrici d’oltralpe, chi cavalcando argomentazioni di pancia, ignorando ogni barlume di lungimiranza pur di guadagnare consensi e seggi. Forse, quando ci si accorgerà di ciò che avremo perso, troppa acqua sarà scorsa sotto i ponti e sarà troppo tardi: peccato davvero!

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Formazione – Cultura

Apriamo le biblioteche!

(pubblicato su La Regione, 1 settembre 2011)

Anche se l’occasione è ghiotta per tornare per qualche settimana in Ticino a incontrare gli “amici di sempre”, per gli studenti universitari il periodo estivo non combacia necessariamente con quello delle vacanze, non solo per le variabili meteorologiche che – esclusi gli ultimi giorni! – quest’anno hanno parzialmente gelato i bollori estivi dei ticinesi, ma anche perché la maggior parte di loro deve lavorare alla tesi o più generalmente preparare la sessione di esami di settembre, che la riforma di Bologna ha anticipato di qualche settimana. Per loro – ma anche per i docenti, che possono utilizzare il periodo estivo per il necessario aggiornamento o approfondimento – risulta indispensabile avere a disposizione uno spazio di ricerca e di lavoro adeguato, quali sono evidentemente le biblioteche cantonali. Discorso analogo per appassionati di lettura e di attualità, i quali possono fortunatamente usufruire nelle varie sale di lettura di complete e interessanti opere di consultazione, siano esse libri, riviste o giornali.

Attualmente, però, gli orari di apertura delle biblioteche presentano qualche falla: se il fatto che di domenica nessun istituto bibliotecario sia aperto può essere comprensibile (anche se, forse…), risulta sicuramente più sconveniente che altrettanto avvenga il sabato pomeriggio (è il caso di Bellinzona e Locarno), il lunedì – San lavurin! – tutto il giorno a Locarno, quasi tutto il giorno a Bellinzona (la cui apertura è limitata alla sera, tra le 17.00 e le 21.00) e il mattino (come anche il martedì) a Mendrisio. Certo, la Biblioteca cantonale di Lugano è accessibile sia al sabato che al lunedì, ma la trasferta non è sempre la soluzione ottimale. Scomoda e interminabile – 12.30-14.30 – è inoltre la pausa alla quale obbliga la biblioteca di Locarno: se d’estate una passeggiata o un tuffo permettono di ricaricare il serbatoio, cosa fare nei gelidi inverni locarnesi?

Certo, non si tratta di un problema paragonabile all’esplosione dei costi della salute, ma perché non pensare a una leggera estensione degli orari di apertura delle biblioteche cantonali – eventualmente anche mantenendo chiuso il servizio prestiti – in modo da migliorare sensibilmente l’offerta culturale permettendo un accesso continuo a esigenze di cultura generale, d’informazione, di luogo dedicato allo studio e – perché no? – creando qualche posto di stage per giovani studenti delle scuole medie superiori e fornendo un ulteriore prezioso luogo d’incontro per i giovani?

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Scuola

Docenti motivati = scuola di qualità!

Oggi per moltissimi giovani è stato il primo giorno di scuola, il famoso primo lunedì: dalla scuola dell’infanzia al liceo, si tratta di un nuovo percorso, un nuovo viaggio in cui prende forma un rapporto stretto fra allievo e docente che va ben oltre la mera trasmissione del sapere. Se il ruolo dell’allievo vagamente lo conosciamo – tutti noi siamo stati a scuola – è più difficile immaginarsi quello del docente, anche perché si sente di tutto e di più sulla categoria, nel bene come nel male. Ascoltando i miei ex-colleghi di studi ora impegnati nell’insegnamento, però, deduco che sia un ruolo tutt’altro che scontato. Oggettivamente, gli oneri aumentano – sempre maggiori compiti e allungamento degli studi – mentre gli onori sprofondano: se un tempo ul sciur maestro era una sorta di istituzione vivente – il suo parere era autorevole e la saltuaria ramanzina era accompagnata da quella dei genitori – oggi sembra quasi che i docenti non solo siano tutti dei perfetti lazzaroni (fuchi, dice qualcuno), ma non possano nemmeno riprendere alcuni allievi senza scatenare l’ira dei genitori.

E se, come credo, una scuola di qualità è diretta conseguenza di un parco docenti motivato e di qualità, appare fondamentale sostenere, motivare e valorizzare tale categoria professionale. Come? Per alcuni tramite un aumento dei salari. Forse. Forse però anche attraverso lo scarico – tramite un accresciuto peso e ruolo delle direzioni – delle funzioni burocratiche e non legate all’insegnamento della materia, come anche all’introduzione di una cultura della formazione continua – magari tramite corsi organizzati dai docenti stessi e con riconoscimento finanziario o in termini di carriera per i partecipanti – o alla facilitazione di attività parallele di ricerca o divulgazione, le quali permetterebbe forse di accrescerne l’autorevolezza all’interno della società.

Il mio auspicio è infatti che i docenti riacquistino quel rispetto che meritano e che questi si dedichino anima e corpo al bene di ogni singolo giovane, trasmettendo l’importanza della corretta ortografia così come il rispetto per ogni compagno, insegnando i corretti calcoli da compiere e i valori che caratterizzano il nostro territorio: investiamo con intelligenza nell’intelligenza!

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Sans-papiers

Invisibili, ieri e oggi

Nel 1952, Ralph Ellison iniziò il suo unico romanzo con le parole “Io sono un uomo invisibile. No, non sono uno spettro come quelli che perseguitavano Edgar Allan Poe; non sono nemmeno uno dei vostri ectoplasmi nei film hollywoodiani. Io sono un uomo di sostanza, in carne e ossa, fibra e liquido – e può anche venir affermato che possiedo una mente. Vedi, io sono invisibile semplicemente perché le persone rifiutano di vedermi.”

L’agenzia di notizie AlertNet attraverso un inquietante articolo porta per qualche attimo l’attenzione sugli Invisibili di oggi, i cosiddetti sans-papiers, quelle persone che non hanno nazionalità, né diritti né futuro. Abitano il nostro stesso pianeta, ma sono privati di quelli che per noi sono diritti inalienabili: in un mondo di monete ballerine, processi glamour, carestie e attentati, quest’impressionante – sono oltre 15 milioni – porzione di umanità si barcamena nei centri rifugiati senza poter aprire un’attività, viaggiare, votare, appartenere…semplicemente essere. Non solo essi non costituiscono un problema prioritario, ma tecnicamente non esistono nemmeno: tutto questo, purtroppo, non nel 1952, anno in cui Ellison scrisse il suo romanzo, ma ancora oggi. Persone che, evidentemente, non possiamo far finta di non vedere: ben venga quindi l’iniziativa delle Nazioni Unite che, questo giovedì, lanceranno una campagna internazionale volta alla risoluzione di quella che sembra una formalità, ma in realtà non lo è affatto.

Un problema, quello dei sans-papiers, che non risparmia nemmeno la Svizzera: certo, non arriverei come propone qualcuno a sostenere la concessione collettiva e unica di un permesso di soggiorno per tutti, in quanto non si risolverebbe il problema (fra 10 anni un’altra concessione?) e soprattutto non si valuterebbero sufficientemente i singoli casi, ma occorre perlomeno dare la possibilità ai giovani che vivono in Svizzera senza nessuno statuto legale – si stima una cifra fra i 10’000 e i 20’000 – di poter frequentare un apprendistato professionale, in modo da favorire la loro integrazione e non la loro emarginazione. Persone che potrebbero così dare il proprio contributo all’economia nazionale, permettendo al contempo ingenti risparmi in altri settori quali la socialità o la giustizia.

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Festival del Film di Locarno

Open Doors, Open mind!

Mi è salita la pelle d’oca quando, dal palco del FEVI – e purtroppo non da quello di Piazza Grande, comunque non vuota, nonostante i fastidiosi capricci di Giove Pluvio – Kabir Bedi, tagliando la pioggia con le parole e non con la scimitarra di Sandokan, ha lodato il Festival del film di Locarno per il suo ruolo motore nella promozione dell’innovazione – il nostro Pardo, in effetti, gode di una straordinaria reputazione come festival delle scoperte di giovani talenti e nuove tendenze nel mondo del cinema – e soprattutto nella valorizzazione di giovani produttori e registi indipendenti dei paesi emergenti, in particolare tramite la sezione Open Doors, nata alcuni anni fa grazie all’impulso della Confederazione e più nello specifico della Direzione dello sviluppo e della cooperazione, che ne rimane il principale sostenitore.

Un’iniziativa molto interessante che permette non solo di aprire al pubblico festivaliero una finestra sul mondo, offrendogli una selezione particolarmente rappresentativa dell’universo cinematografico e culturale della regione scelta, ma anche di trasformare la rassegna cinematografica locarnese in un laboratorio di coproduzione che propone la messa in rete di professionisti di quella regione – in questo caso l’India – e potenziali partner per la produzione e distribuzione di nuovi progetti cinematografici. Il tutto allo scopo non solo di sviluppare e consolidare l’industria cinematografica e l’economia locale dei paesi del Sud del mondo – anche perché, vale la pena ricordarlo di tanto in tanto, la Svizzera è ancora lontana dalla soglia dello 0,7% del PNL, stabilita dall’ONU, da dedicare ai fondi per l’aiuto allo sviluppo – ma anche di fornire un sostegno fattivo a questi giovani professionisti che l’altra sera hanno potuto beneficiare, oltre che delle opportunità offerte dalla piazza d’incontro festivaliera, anche dell’abbraccio del popolo festivaliero, che ne ha apprezzato il coraggio, l’intraprendenza e soprattutto la libertà, fondamento della produzione indipendente e probabilmente anche essenza stessa del Pardo nostrano.

Un’essenza ben descritta, nei suoi recenti discorsi locarnesi, dal Consigliere federale Didier Burkhalter, il quale – parlando dello “spirito di Locarno” – ne ha esaltato l’ “apertura”, la “curiosità”, la “pluralità” e, appunto, la “libertà”, giustamente definita “la forza motrice di un film e spesso anche il suo messaggio”. Proprio per questo, ha continuato il ministro della cultura, “il compito dello Stato è quello di garantire e difendere in modo assoluto questa libertà dell’arte”, peraltro garantita – unitamente alla libertà d’espressione – dalla nostra Costituzione, quale diritto fondamentale e inviolabile. Anche se questa libertà, come nel caso di Vol special, documentario ambientato in un centro di detenzione per sans papiers in attesa di essere espulsi, scuote le coscienze mostrando la spinosa e imbarazzante realtà di una Svizzera sempre meno “terra d’asilo”.

Lo ammetto, non sono un esperto in materia, dunque il mio occhio e giudizio non sarà né più né meno autorevole di quello della maggior parte degli appassionati che visitano e vivono i consueti dieci giorni, nelle sale, in Piazza e in Rotonda, il mio è soltanto un desiderio: che il nostro Festival continui su questa strada di apertura, inventiva, fiducia nei giovani, amore per la libertà e spirito critico. Per il resto…ci si abboni a bluewin-tv.

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Scontri a Londra – siamo al riparo?

La bufera sembra momentaneamente essersi placata in Gran Bretegna, ma non v’è da cantar vittoria. Nella metropoli londinese, al di là di alcuni fomentatori e di criminali che si dilettano con la violenza gratuita, c’è uno spicchio della società che fa capo alle manifestazioni violente non per effettuare una protesta politica (sia essa volta all’ampliamento dei diritti democratici o di reazione ai provvedimenti di austerity per il settore pubblico), ma per esprimere la propria emarginazione dalla società, il proprio disagio sociale, la propria frustrazione identitaria. Questi episodi, che vanno sempre e comunque condannati con fermo vigore, devono però far riflettere, in quanto trovano terreno fertile soprattutto nel momento in cui una società non è più in grado di garantire quel collante sociale, la coesione, necessario per mantenere la pace sociale. In Svizzera, per fortuna, questo senso di appartenenza alla società, alle istituzioni e al territorio – unitamente a un relativo livellamento della ricchezza e a un alto livello di mobilità sociale – ci mette al riparo da questo tipo di esasperazione della violenza, ma occorre garantire a tutti le pari opportunità di partenza e soprattutto occorre vigilare affinché anche alle nostre latitudini non si formi una società di serie A e una di serie B, perché ogni uomo dimenticato è potenzialmente un uomo pericoloso.

Drammatica la foto che ritrae una donna che si lancia da un edificio in fiamme (fonte: Amy Weston, agenzia Wenn, ripresa dai principali quotidiani inglesi).

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Accordo fiscale tra Svizzera e Germania

Si sono finalmente concluse le trattative tra Svizzera e Germania: i due paesi hanno infatti parafato una convenzione fiscale che, per le persone residenti in Germania, prevede il pagamento a posteriori di un’imposta sulle loro attuali relazioni bancarie in Svizzera. I futuri redditi e utili dei capitali di clienti bancari tedeschi in Svizzera saranno soggetti a un’imposta liberatoria, il cui provento sarà trasferito dalla Svizzera alle autorità tedesche. Certo, obietterà qualcuno, le nuove regole esigono sforzi non indifferenti alla piazza finanziaria svizzera, ma al contempo definiscono un quadro chiaro nella gestione dei patrimoni stranieri non dichiarati – scaricando le banche di un difficile e imbarazzante peso – e soprattutto pongono le basi per una piazza finanziaria svizzera sana e performante. Una notizia che ha sollevato solo reazioni tendenzialmente positive in Svizzera (anche se il PS avrebbe voluto di più e l’UDC teme invece per il segreto bancario), mentre la Germania ha conosciuto qualche protesta, come lo mostra la foto (fonte: www.internazionale.it) scattata a una manifestazione a Berlino.

 

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Festa Nazionale del Primo d’agosto

1° agosto 2011

Festa Nazionale

Un’immagine, mille parole. Questa foto, che ritrae il ricevimento a Palazzo Federale di una delegazione della Nazionale U17 che ha vinto i campionati del mondo di calcio di categoria in Nigeria nel 2009, delinea i tratti principali della “mia” Svizzera:

  • una Svizzera forte e coraggiosa, che grazie alla preparazione, all’impegno, al sudore, alla creatività, all’ambizione e all’amalgama delle capacità individuali sa ritagliarsi il suo spazio a livello internazionale;
  • una Svizzera capace di integrare le varie sfumature culturali presenti sul territorio per formare una collettività compatta, coesa e solidale;
  • una Svizzera che vede nei giovani un capitale inestimabile sul quale puntare;
  • una Svizzera, infine, nella quale il Ticino gioca un ruolo importante grazie al talento dei suoi rappresentanti.

Buon Primo d’agosto!

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Paolo Borsellino, il giorno della memoria

A esattamente diciannove anni dalla morte del giudice Paolo Borsellino, assassinato il 19 luglio 1992, desidero riproporre alcune sue parole, pronunciate ad una commemorazione della morte del suo collega e amico Giovanni Falcone: parole di coraggio, giustizia e libertà. Onore a loro.

“Sono morti per noi, e abbiamo un grosso debito verso di loro. Questo debito dobbiamo pagarlo, gelosamente, continuando la loro opera, rifiutando dal sistema mafioso gli ampi benefici che possiamo trarne, anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro. Facendo il nostro dovere, la lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti, specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità. Ricordo la felicità di Falcone, quando in un breve periodo di entusiasmo, egli mi disse: “la gente fa il tifo per noi”. E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l’appoggio morale della popolazione da al lavoro del giudice, significava qualcosa di più, significava che il frutto nostro lavoro stava anche smuovendo le coscienze”.

Ascolta il discorso originale

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