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Non cediamo all’antipolitica

Mi dispiace leggere che per il presidente del partito socialista Saverio Lurati avere due liberali o due leghisti in Governo sia la stessa cosa. Per me avere un socialista o un verde non lo è. In un Governo composto da più partiti e persone e dal quale devono emergere proposte, riforme e visioni, non si può fare astrazione dai compagni di viaggio. Altrimenti si abdica al ruolo stesso della politica, preferendovi la sola gestione del proprio orticello.

Ora più che mai è il momento di porre le basi di un progetto fatto da una politica pulita, seria, che formi i giovani al senso civico, alla responsabilità e ai valori democratici e repubblicani, ai quali io credo. Un progetto politico per uno Stato che permetta alla sana imprenditorialità di svilupparsi e che al contempo assuma un ruolo attivo per impedire gli abusi nel mercato del lavoro e favorire il dialogo fra parti sociali. Uno Stato laico e tollerante, con una scuola pubblica di qualità. Uno Stato che garantisca la giustizia, in tutti gli ambiti, con una socialità mirata. Uno Stato che valorizzi i suoi funzionari e non permetta che vengano chiamati fuchi. Uno Stato animato da una politica progressista e aperta, agli altri e al futuro. Una politica tanto coraggiosa da riattivare gli oltre 1000 edifici industriali dismessi, tanto visionaria da liberare le strade dal traffico andando oltre le misure sui posteggi e tanto moderna da battersi per la parità di genere e l’interculturalismo.

Ora più che mai è il momento di riaffermare al centro della politica non solo il senso dello Stato, ma anche la decenza istituzionale, il principio della legalità e una cultura politica del confronto e del compromesso. L’antipolitica non è solo inerzia politica, ma è degrado della società: sdoganamento dell’insulto e del pubblico dileggio di chi è diverso o semplicemente di chi la pensa diversamente, sfiducia nelle Istituzioni, trionfo della demagogia e dell’indifferenza. Quell’indifferenza che è la morte non solo della democrazia, ma dell’uomo stesso. Liberalismo, democrazia e socialismo hanno in comune il rilievo e la valorizzazione della personalità umana. È questo un valore fondante della politica, determinante per cambiare rotta. Possibile che gli errori del passato ci condizionino tanto? Possibile che ci si sia spinti tanto oltre da nemmeno più considerare chi condivide gli stessi valori, mettendo tutti i politici sullo stesso piano? Non è forse anche questo un cedimento all’antipolitica? Ma allora cosa succederà dopo il 19 di aprile? Continueremo su strade parallele e con i paraocchi? No! Il mio è un appello, nemmeno fine a se stesso, o a me stesso, è un appello alla consapevolezza del vortice nel quale arrischiamo di cadere se i sentimenti e le sensibilità più nobili dell’uomo non riusciranno a prevalere. Chissà che da questo colpo di reni non nasca veramente un nuovo progetto politico per il Ticino. Le elezioni del 19 aprile sono l’occasione per riscattare il nostro Paese, nessuno dovrebbe restare indifferente.

Corriere del Ticino, sabato 21 marzo 2015

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«Le incoerenze della Lega sono note»

Nicola Pini, quali sono le tre priorità per la prossima legislatura?
«Lavoro, territorio e formazione. Ma la vera priorità è unire questi tre temi per andare oltre le politiche dipartimentali. Un esempio concreto? Vedrei bene un piano cantonale per riattivare gli oltre 1.000 stabilimenti industriali dismessi in Ticino».
Come sta il suo PLR?
«Vedo un partito che ha voglia di riscatto e di riscossa. Che ha voglia di rinnovamento e di guardare avanti. È positivo, tre anni fa non avevo queste sensazioni».
Ma le correnti, liberale e radicale, nel PLR sono ancora una realtà?
«Siamo e vogliamo essere un partito grande, composto da più sensibilità. Questa è la nostra forza. Non bisogna confondere i personalismi con un confronto sano. L’unità non è un obiettivo, ma uno strumento per essere propositivi».
Quando Jacques Ducry ha lasciato il PLR abbracciando il PS si è sentito in dovere di scrivere una lettera aperta a Rocco Cattaneo. Ma lei è vicepresidente, perché non parlarne a quattrocchi?
«Il partito ha eletto Rocco presidente con 11 voti più di me. Il congresso era spaccato in due. Io mi sono messo a disposizione da vicepresidente lavorando con lui, dando il massimo e manifestando le mie critiche sempre all’interno dell’Ufficio presidenziale. In quel momento occorreva però dare un segnale chiaro al partito, per dire che in questo PLR c’è spazio anche per una sensibilità progressista. Il mio era un segnale per il partito, non contro il presidente. E lui lo ha capito».
Nei suoi discorsi da candidato ha anche ringraziato sua moglie. Si ispira per caso ad Obama?
«Ma no. Angela è importante, mi confronto con lei e insieme affrontiamo le difficoltà della vita. Siamo complici e affiatati. Ogni tanto un grazie glielo voglio dire».
Cosa è cambiato nella lista dall’addio di Antonini all’arrivo di Bertini?
«L’arrivo di Michele ha un po’ rilanciato l’entusiasmo dopo un mese difficile, quello dell’interregno di dicembre-gennaio che aveva disorientato l’elettorato. La nostra campagna è partita troppo presto».
Dica la verità: il ticket Bertini-Vitta l’ha infastidita?
«Non mi ha infastidito. È stata una leggerezza. Per vincere occorre proporre all’elettorato più scelte possibili. Questi ticket sono in contrasto con lo spirito di rinnovamento, sono un po’ da tavolo di sasso».
Quelle tensioni sono ormai superate?
«Ci siamo trovati e ne abbiamo parlato. È un capitolo superato».
Veniamo al vostro avversario, la Lega: come superarlo, come convincere gli elettori a votarvi?
«Dobbiamo dire cosa vogliamo fare. Credo che le incoerenze e le promesse non mantenute siano percepite dalla popolazione. Tocca a noi, ora, tornare a convincere: la vera alternativa siamo noi».
A suo avviso è vero che i due consiglieri di Stato della Lega hanno fatto poco in questi quattro anni?
«Non hanno fatto quello per cui una buona fetta d’elettorato li ha votati».
Lei ha iniziato la legislatura da collaboratore personale di Laura Sadis e la chiude da candidato al Governo. Ha qualcosa da rimproverare all’azione politica del vostro consigliere di Stato?
«I quattro anni passati al suo fianco sono stati molto importanti, una scuola politica di altissimo livello. Laura ha lavorato tanto e bene e condotto in porto riforme importanti: il freno ai disavanzi, la legge sul turismo, il risanamento della cassa pensioni, un nuovo modello di sviluppo economico. Forse avrebbe dovuto vendere meglio queste sue vittorie. Ma lei lavora e rifugge le luci della ribalta».
Nell’ultima settimana ci sono state forti tensioni nel mondo del lavoro per la decurtazione dei salari dei frontalieri. Giustificata o no questa mossa?
«Tagliare in maniera unilaterale gli stipendi non è una soluzione. Non si deve creare dumping salariale. Occorre concordare le misure anche per mantenere la pace sociale, un concetto fondamentale».
I sindacati sono sulle barricate. Stanno esagerando?
«Vedo esagerazioni da parte dei sindacati, ma anche di taluni imprenditori che vogliono ridurre del 26% i salari. Le rendite di posizione sono esaurite, serve un patto di Paese per uscire da questa situazione pericolosa. Ovviamente la soluzione non può essere lo status quo, le condizioni sono cambiate, le aziende e i lavoratori devono cambiare».
Intervista di Gianni Righinetti, Corriere del Ticino, 27 febbraio 2015 (articolo originale)
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