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Un anno in un secondo: terminato l’anno da Presidente del Gran Consiglio

La cosa che mi mancherà di più è quando, finita la seduta, la sala si svuota, la tensione cala e io firmavo le decisioni prese quel giorno. È stato un onore presiedere il Gran Consiglio! Grazie a tutte e tutti per il sostegno e per esserci sempre stati 🙏🏼 e soprattutto buon lavoro a Gina La Mantia 🍀 Viva la Repubblica e Cantone Ticino

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Presidente del Consiglio di Stato, Consiglieri di Stato,

Colleghe Vicepresidenti, Colleghe e Colleghi Deputati,

Autorità della Valle Blenio, Signore e Signori,

sembra ieri che ho ricevuto la campanella da Daniele Caverzasio ed è già tempo di passarla, simbolicamente, nelle mani di chi mi succederà nel ricoprire questa importante carica istituzionale. Un anno che è volato in tutta la sua intensità.

  • Intensità di sedute parlamentari: 12 sedute per un totale di 230 trattande (e come dimenticare la maratona di oltre 11 ore filate per il Preventivo 2022, con mascherine, plexiglas e buvette chiusa);
  • intensità di riflessioni e novità procedurali, dalla nuova prassi sulle mozioni a quella sulle interpellanze, entrambe volute da questo parlamento, che forse in un futuro non troppo lontano dovrà chinarsi nuovamente – e criticamente – sulla Legge sul Gran Consiglio;
  • intensità di elezioni e dichiarazioni di fedeltà alla costituzione e alle leggi, dai magistrati eletti da questo Gran Consiglio a quello di un ticinese, Ignazio Cassis, alla Presidenza della Confederazione dopo decenni di assenza di un rappresentante della Svizzera italiana.
  • Intensità di incontri con i parlamenti di altri Cantoni. Abbiamo ospitato Appenzello Interno e la deputazione del Grigioni italiano al Gran Consiglio retico, mentre siamo stati nel Canton Friborgo, dove abbiamo incontrato anche Università e studenti ticinesi, e proprio in questi giorni, pare per la prima volta, quali ospiti del Gran Consiglio del Canton Glarona per la Landsgemainde. Permettetemi di dire, ancora sulle ali delle emozioni di ieri, un interessante esempio non solo di coinvolgimento democratico, con la presenza di molti giovani e bambini, ma anche di un sano e rispettoso dibattito civile.
  • Ma soprattutto intensità di incontri, discussioni, dialogo e ascolto sul territorio, con le cittadine e i cittadini del nostro Cantone. Aspetto, questo, purtroppo ridimensionato rispetto al passato a causa dell’emergenza legata alla diffusione del coronavirus, ma al quale mi sono comunque dedicato con apertura e passione.

Non sono poi mancate le sorprese. Di certo, se qualcuno di voi, un anno fa, mi avesse detto che in quest’anno di Presidenza avrei dovuto aprire una seduta di Gran Consiglio condannando una guerra in Europa, qui vicino a noi, non gli avrei creduto. Eppure è successo, e ancora succede, purtroppo. Così, dopo anni di stabilità, che avevamo  forse scambiato per normalità, ci stiamo nuovamente rendendo conto – dopo la sberla della pandemia – che pace, democrazia, coesione, libertà e benessere sono eccezioni, per di più preziose e fragili. D’altronde lo sapevamo già. Le Istituzioni e le democrazie possono logorarsi, se non crollare, se la politica non si preoccupa di rinnovare costantemente le loro fondamenta. Se non si rinnovano, se non si aprono, se non dialogano, se non coinvolgono si indeboliscono, e le società si sfaldano.

Proprio per questo, vi ricorderete, all’inizio della Presidenza mi ero ripromesso, e vi avevo promesso, di cercare di avvicinare i giovani alle Istitutioni, ma anche quest’ultime tra di loro (legislativo ed esecutivo, ma anche Cantone e Comuni).

  • Per avvicinare i giovani alle Istituzioni
    • ho per quanto possibile incontrato le scuole (a tutti i livelli: elementari, medie, professionali, università);
    • ho partecipato a quel bellissimo progetto che è la Gioventù Dibatte e seguito i lavori del Consiglio cantonale dei giovani;
    • ho scritto ai giovani atleti ticinesi che si apprestavano a partecipare alle Olimpiadi (e ha portato bene se pensiamo ai risultati);
    • abbiamo implementato – da oggi e dopo decisione di questo Gran Consiglio – la messa a disposizione delle riprese video dei lavori parlamentari, che sono sicuro potrà essere uno strumento didattico per le scuole, oltre che di trasparenza civica.
  • Per avvicinare le Istituzioni, ho in primis cercato di creare un punto di incontro e scambio tra legislativi, scivendo ai Presidenti di assemblee e Consigli Comunali, incontrandoli e favorendo la loro messa in rete, dalla quale è emersa la necessità di una rinnovata centralità politica dei legislativi, con la volontà di essere maggiormente coinvolti nelle decisioni strategiche, di veder maggiormente seguito e valorizzato il proprio lavoro, di poter instaurare un dialogo costruttivo, anche informale, con l’esecutivo, e laddove possibile anche con la cittadinanza.

In quest’anno di Presidenza – nelle interviste, nei discorsi ufficiali, nelle tavole rotonde, nelle conversazioni di tutti i giorni – ho inoltre cercato di veicolare un messaggio, che ritengo una priorità, se non una necessità di oggi. Quello del dialogo, dell’ascolto, del rispetto e dell’empatia. Del mettersi nei panni dell’altro,

  • del camminare per qualche metro con le scarpe degli altri,
  • di guardare (e vedere) chi ci sta di fronte, ma anche il territorio, con nuovi occhi.
  • Dell’andare oltre i pregiudizi, 
  • oltre gli algoritmi dei social che ti fanno leggere solo notizie che confortano la tua tesi,
  • oltre il fatto che chi ci sta davanti ha fatto una scelta diversa dalla nostra, o ha un’opinione diversa dalla mia, 
  • oltre il nostro orticello, oltre il nostro interesse puntuale o personale. 
  • Del considerare insomma le pluralità, le diversità che ci fanno crescere e che compongono – e arricchiscono – la nostra società. Solo così avremo infatti una società coesa, un Ticino unito, e non solo per l’apertura del tunnel di base del Ceneri. In altre parole, l’applicazione non solo politica ma anche quotidiana di quel Uno per tutti, tutti per uno con il quale ho iniziato l’anno presidenziale.

Un motto che ha forse trovato la sua migliore e più emozionante concretizzazione in quest’aula al momento del voto per l’inserimento nella Costituzione cantonale dell’articolo sull’inclusione delle persone con disabilità e sul riconoscimento della lingua dei segni italiana, quando ho visto – sì, ho visto – applaudire sulle tribune e anche tra i banchi del Gran Consiglio, le braccia vibranti al cielo. “Ho la pelle d’oca” ha detto la responsabile della Federazione Svizzera dei sordi, e confesso, l’ho avuta anche io.

Mi avvio alla conclusione.

  • GRAZIE, Colleghe e Colleghi, per avermi seguito e rispettato.
  • GRAZIE per avermi perdonato qualche errore. Ho sempre cercato di preparare al meglio le sedute e soprattutto di servire questa importante carica istituzionale con rigore, giustizia, equità e imparzialità, ma non certo infallibilità, e di questo mi scuso.
  • GRAZIE al Consiglio di Stato per la considerazione sempre garantita.
  • GRAZIE all’Ufficio Presidenziale e in particolare alle Vicepresidenti, che ho sempre percepito accanto a me e che non mi hanno lasciato solo.
  • GRAZIE alla squadra del Segretariato e a tutto il personale dei servizi del Gran Consiglio, che merita la nostra gratitudine per il grande lavoro che svolge. Non potendo ringraziare tutti personalmente, permettetemi di limitarmi a uno di loro, Sergio Thoma, il nostro usciere. Grazie Sergio per il tuo forte senso delle Istituzioni, che è contagioso, e chi ha avuto l’onore di essere accompagnato da te in veste ufficiale sa di cosa parlo, e sa quale sia la luce riflessa negli sguardi di chi ti guarda, in particolare i bambini.
  • Grazie infine alla mia famiglia, che ho sempre sentito accanto a me – o davanti a me – in questo intenso anno presidenziale. Grazie in particolare ad Angela, che è molto di più di una compagna di vita, è una continua ispirazione e una bussola etica; grazie a Furio, che è stato spontanea parte attiva in questa avventura istituzionale; e grazie a Clino, che con il suo attendere di nascere ha tenuto sulle spine anche la Vicepresidente La Mantia, pronta a sostituirmi durante la seduta di settembre.

Entriamo dunque ufficialmente nell’ultimo anno di legislatura, un anno elettorale. Colleghe e Colleghi, Consiglieri di Stato, nei prossimi mesi non cadiamo nelle battaglie partitiche, non cediamo alla tentazione di acquisire visibilità e profilo, non subordiniamo il lavoro politico alla ricerca della medaglia al petto, o a vincere le prossime elezioni non sarà nessuno di noi, non sarà nessun partito, se non quello della lista senza intestazione oppure – ed è senza dubbio lo scenario peggiore – quello dell’astensione, dell’indifferenza. Le persone ci guardano e sta a noi, e a noi soltando, decidere se dare loro motivo o meno di credere nella politica, nelle Istituzioni, nella democrazia stessa. Una democrazia come detto sempre necessaria ma mai scontata, e della cui credibilità e affidabilità siamo tutti responsabili, nessuno escluso.

Buon lavoro e, per l’ultima volta, “Uno per tutti, tutti per uno”.

Guarda e ascolta il discorso

Articolo LaRegione

Articolo Corriere del Ticino

SIC_4066_20x30Foto Elizabeth Le Rosa, Cancelleria dello Stato

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Gioventù dibatte 2

La gioventù dibatte

Sono felice che il mio primo intervento da Presidente del Gran Consiglio sia a “La gioventù dibatte”, perché discussione e confronto sono alla base di ogni passo avanti.
Questo bel progetto insegna a mettersi nei panni degli altri, a chinarsi su temi attuali, ad articolare un pensiero e ad allenare ascolto e confronto con opinioni opposte alla nostra. E noi? Siamo ancora capaci di dibattere? La gioventù lo fa e ci guarda mentre si prepara al futuro. Non dimentichiamolo.

Guarda e ascolta il discorso

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Gran Consiglio vuoto

Aspettateci fuori, ma sempre!

Durante l’ultima seduta di Gran Consiglio, quando in discussione vi era l’istituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta relativa al discusso caso Argo1, un folto gruppo di cittadini si è presentato per qualche decina di minuti sulle tribune dell’aula parlamentare armato di una serie di cartelloni raffiguranti dei grandi occhi. Il messaggio era chiaro: vi osserviamo. Altrettanto chiaro il titolo della manifestazione: Vi aspettiamo fuori. Non ho né condiviso né condannato l’iniziativa perché non ho nessun problema nell’essere osservato nella mia azione politica. Anzi: credo sia – e debba essere – la regola. Sostengo fortemente il principio dell’accountability, splendido termine e concetto anglosassone che esprime il dovere di spiegare cosa è stato fatto da parte dell’eletto e il diritto di premiare o sanzionare da parte dell’elettore (in italiano lo tradurremmo con rendere conto). In molti paesi del mondo, per dare un segnale di trasparenza, si è ricorsi a soluzioni architettoniche esemplari o accattivanti come le finestre a forma di uomo del parlamento scozzese o la cupola di vetro del Reichstag in Germania. In Ticino, al di là delle vetrate e del libero accesso delle tribune a Palazzo delle Orsoline, gli strumenti per garantire la completa trasparenza del lavoro del Gran Consiglio fortunatamente non mancano: non solo le sedute sono pubbliche e trasmesse in diretta sul sito del Cantone, ma lì è reperibile tutta la documentazione su ogni trattanda per una verifica prima dei dibattiti ma anche a posteriori, valutando presenze e assenze, dichiarazioni, voti favorevoli e contrari di ogni singolo Deputato. Io mi impegno in questo senso: nel mio piccolo – sul mio sito, sui social e anche sfruttando la Tribuna del Gran Consiglio su Opinione liberale, nella quale stilo un bilancio della mia attività parlamentare – cerco proprio di rendere conto del mio lavoro in Commissione e in Gran Consiglio.

Benvenuti quindi i cittadini alle tribune, fisiche o virtuali! Ma dagli stessi cittadini – in particolare quelli accorsi lunedì scorso – pretendo però che si impegnino a seguirci sempre e non solo quando sentono l’odore del sangue, dello scandalo, dell’inquisizione (in questo caso sicuramente non santa). Mi è dunque dispiaciuto – votata la Commissione e superate le 19.00 – vederli partire velocemente con i loro occhi giganti (alcuni gettati un po’ poco elegantemente in sala durante i lavori), invece di marcare presenza anche nell’ora successiva, quando abbiamo affrontato temi forse meno roboanti e spettacolari, ma altrettanto importanti. Ad esempio 5 milioni di opere di canalizzazione e di depurazione delle acque luride a favore di 40 Comuni (dal 1974 al 2016 sono stati stanziati ben 336 milioni di franchi corrispondenti a un volume d’investimento di quasi 1.2 miliardi per la realizzazione di opere di smaltimento delle acque!). O ancora un progetto integrale nel comprensorio boschivo del bacino del fiume Cassarate (368 ettari) con lo stanziamento di un credito di altri 5 milioni, per una spesa complessiva cantonale e federale di quasi 8 milioni (periodo 2018-2032). O ancora il risanamento della rete stradale d’interesse agricolo nel Comune di Acquarossa con la concessione di un credito di oltre 1.5 milioni quale contributo per i lavori. E non è un caso che in due oggetti su tre, a fungere da relatori, siano dei deputati liberali radicali, Fabio Schnellmann e Giorgio Pellanda. Ribadiamolo: la parte più importante della politica – e quella che mi piace di più – è quella che si vede di meno e che da più risultati. PLR: Passione, Lavoro, Risultati. Risultati che purtroppo non sempre interessano quanto meritano, perché ad attirare l’attenzione – anche dei media, purtroppo – sono gli scontri in aula, non quando si arriva in plenum con un rapporto unico, sottoscritto da tutti o quasi e frutto di un lavoro di approfondimento e condivisione ben fatto. Io ci sto quindi, care Cittadine e cari Cittadini, osservateci e aspettateci fuori, ma fatelo sempre.

* Editoriale apparso oggi su Opinione liberale

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Approvati gli edifici dismessi 2

Approvate dal Gran Consiglio le proposte per rivitalizzare gli edifici industriali dismessi!

In un momento in cui il territorio scarseggia e l’economia boccheggia, la politica deve focalizzare lo sguardo sugli oltre 1’100 edifici industriali dismessi disseminati su tutto il territorio cantonale, attivandosi concretamente per stimolare, sostenere e promuovere la loro rivitalizzazione, facendo convergere da un lato lo sviluppo economico e, dall’altro, lo sviluppo territoriale. Prima di pensare a nuove costruzioni sarebbe infatti meglio pensare a come riutilizzare l’esistente, dando vita a progetti innovativi di interesse pubblico. Così facendo avremo sia benefici economici – il rilancio degli edifici dismessi con nuove attività, insediamenti, progetti e posti di lavoro – sia territoriali – estetici, ma anche di protezione, razionalizzazione e valorizzazione del territorio e degli spazi pubblici – sia sociali, culturali o turistici, a dipendenza dell’uso che si farà di questi edifici. Oltre Gottardo vi sono già ottimi esempi: vecchi stabilimenti industriali che sono diventati non solo nuove aziende, ma anche appartamenti, teatri, ristoranti, perfino scuole. Anche il Ticino si sta lentamente muovendo in questa direzione, pensiamo ad esempio alla riconversione in loft, museo e luogo per eventi della fabbrica di cioccolato Cima Norma in Valle di Blenio, o alla Polus di Balerna, o ancora alla parziale riconversione da fabbrica di tabacchi a centro per eventi – nominato recentemente il più bello della Svizzera – del Centro Dannemann di Brissago.

Per proseguire su questa via, ho messo sul tavolo due proposte, oggi approvate dal Gran Consiglio (vedi rapporto commissionale di Michele Guerra). Con la mozione inoltrata a nome del Gruppo PLR abbiamo chiesto al Consiglio di Stato non solo di aggiornare lo studio dell’Accademia di architettura di Mendrisio relativo alla mappatura e alle potenzialità degli edifici industriali dismessi, ma anche di impegnarsi per riattivare queste potenzialità attraverso, ad esempio, la creazione di un profilo che agisca sul terreno (finanziato dalla politica economica regionale), l’inserimento degli edifici nel catalogo dei terreni a disposizione degli enti pubblici e la definizione di incentivi pianificatori.

Con l’iniziativa parlamentare – presentata in collaborazione con i colleghi De Rosa, Durisch e Guerra a nome della Commissione della Gestione e delle Finanze – ci siamo invece spinti ancora più in là, proponendo di stanziare un credito quadro di una decina di milioni da destinare a progetti di rivitalizzazione degli edifici industriali dismessi di particolare interesse pubblico, economico, sociale o culturale. Un primo esempio, concreto, lo potremo avere con l’area adiacente all’area multiservizi e al centro di controllo per veicoli pesanti lungo l’autostrada A2 a Giornico, con la riqualifica del sedime della storica Monteforno.

Accogliendo i due atti parlamentari e mettendo in atto una vera e propria strategia di recupero degli edifici industriali dismessi, la politica ha dato oggi prova di grande progettualità, legando economia e territorio, conservazione e innovazione, e, quel che più conta, passato e futuro!

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Onsernone da Gresso

Via libera al credito ponte per portare al voto popolare il Parco Nazionale del Locarnese

Oggi il Gran Consiglio ha approvato il mio rapporto – elaborato insieme al collega Franco Denti – per stanziare 1.5 milioni per i Parchi nazionali di Adula (400’000 CHF) e Locarnese (1’100’000 CHF). Il credito permetterà di concludere con una votazione popolare un lungo percorso di candidatura, come anche di finanziare tutta una serie di progetti sul territorio, dal territorio e per il territorio. Cerchiamo di conciliare protezione del paesaggio e sviluppo economico! Bene inteso, nessun Parco si farà senza la volontà dei cittadini dei Comuni coinvolti.

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Vitta Pini Ferrara Farinelli

SI del Consiglio di Stato al telelavoro

Lo scorso mese di marzo, con Natalia Ferrara e altri colleghi (Ay – Bang – Beretta Piccoli – Bosia Mirra – Cavadini – Fonio – Garobbio – Gendotti – Ghisolfi – Gianella – Kandemir Bordoli – Käppeli – Kappenberger – La Mantia – Lurati Grassi – Maggi – Merlo – Quadranti – Rückert) abbiamo chiesto al Consiglio di Stato di attivarsi affinché la pubblica amministrazione autorizzi – naturalmente nelle posizioni dove è possibile – uno o due giorni di telelavoro settimanali, con l’obiettivo di migliorare la conciliabilità tra vita professionale e vita famigliare, diminuire traffico e inquinamento, creare opportunità di sviluppo per le zone periferiche, diminuire costi per Stato e aziende e migliorare la qualità di vita dei dipendenti. (vedi mozione) Nello specifico abbiamo chiesto al Governo di procedere prima alla realizzazione di alcuni progetti pilota, e successivamente a un’analisi specifica delle funzioni, all’attuazione di una specifica base legale e a una pianificazione in questo senso, come anche alla formazione e sensibilizzazione dei quadri dirigenti.

Oggi il Consiglio di Stato, prendendo posizione in merito, ha accolto nel principio la nostra proposta, riservandosi di sviluppare nel merito le modalità operative più appropriate. Un apposito gruppo di lavoro interdipartimentale è stato creato con l’intento di attuare una valutazione approfondita sulla fattibilità dell’implementazione, in particolare attraverso l’identificazione dei servizi più idonei e successivamente una fase di test. Sulla base dell’esperienza effettuata – afferma il Consiglio di Stato nel suo rapporto – sarà possibile valutare l’effettiva realizzabilità del concetto e l’estensione ad altri settori, le modalità operative, l’adeguamento delle basi legali e gli strumenti necessari all’eventuale implementazione del telelavoro. Inoltre, il telelavoro è stato inserito anche nelle misure sostenute dal fondo per la mobilità aziendale: le aziende che lo applicheranno per ridurre gli spostamento potranno dunque beneficiare di un incentivo finanziario.

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La svolta per una politica dei fatti

GIACOMO GARZOLI, NICOLA PINI

L’ultima seduta del Gran Consiglio, svoltasi a urne aperte, ha ben cristallizzato il clima politico attuale, fatto di proclami vuoti di contenuto, di strategie elettorali a breve e medio termine e di nessuna concretezza realizzativa. Il trionfo della «politica dei segnali». E dire che temi veri, all’ordine del giorno, non ne mancavano.
Si è approvata un’iniziativa popolare sui salari minimi, che tutti sanno essere inapplicabile, invece di assumersi la responsabilità politica di proporre un controprogetto davvero realizzabile. L’importante era evidentemente portare a casa il «risultato» ora, prima delle elezioni, poi succeda quel che succeda, troveranno qualcuno a cui dare la colpa se tutto ciò risulterà inapplicabile. E pazienza se alla fine porterà unicamente ulteriore disillusione, frustrazione e rabbia: altri cavalli neri da cavalcare. Come con l’iniziativa del 9 febbraio: chi ha vinto non sa come applicarla, ma critica gli altri di non farlo.
Non si è invece nemmeno discusso della revisione della Legge sull’AET per definire meglio il controllo dell’ente pubblico sull’ente parastatale. A chi importa di metterci le mani? Meglio aspettare il prossimo scandalo, per poter di nuovo gridare a squarciagola contro lo Stato e la politica, e soprattutto meglio non scontentare qualche centro di potere (o perdere voti magari già segnalati). Spiace, a noi, che anche la sinistra si sia prestata ad un simile gioco al massacro del buon senso. Siamo sicuri di voler proprio tutto ciò? Per quali calcoli elettorali?
Di giochi simili, non siamo ingenui, se ne sono però visti molti anche in passato. Di nuovo c’è l’arrendevolezza. Anche degli irrudicibili, degli impensabili. Quanto accaduto deve far aprire gli occhi. L’antipolitica è ovunque. Non è sufficiente smarcarsi. Noi siamo convinti sia necessario, anzi urgente, un nuovo progetto politico. Un progetto politico non solo di apertura (fisica e mentale), ma anche di coraggio, di trasparenza con i cittadini, di sincerità e di onestà intelletuale. Basta logiche elettoralistiche, partitiche o personali. Un progetto politico al di là degli steccati partitici, che raggruppi tutte quelle persone che non vogliono solo parole, ma fatti; che convogli tutti coloro che non si fermano alla bile e alle antipatie del passato, ma condensano il virtuosismo di chi vuole costruire, di chi vuole realizzare, senza sinistri calcoli politici di bassa lega.
La riforma della legge sull’AET sarebbe stata un’opportunità perfetta, non per lanciare un segnale, ma per cambiare le cose in meglio. I propositi per un salario minimo decente anche. Eppure nessuno dice che né per il primo caso né per il secondo qualcosa di concreto è stato deciso. Nulla, un nulla disarmante.
Corriere del Ticino, 28 marzo 2014
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