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Consideriamo l’impatto ambientale delle nostre decisioni

Il volto della ragazza svedese Greta Thunberg è diventato, dal suo discorso alla COP 24 in Polonia, il simbolo di una gioventù che vuole mettere in guardia la politica mondiale sull’emergenza climatica. Questo movimento sta assumendo una dimensione internazionale e molti giovani anche in Svizzera hanno fatto altrettanto. Il loro grido profondo si rivolge direttamente alle autorità politiche e alle loro azioni per le generazioni future: devono fare molto meglio e molto di più per proteggere il pianeta e dare un futuro alle nostre generazioni future! Il 18 gennaio 2019, molti giovani in Svizzera hanno accolto questo appello alla sensibilizzazione ai cambiamenti climatici, anche in Ticino. Più di 1000 giovani provenienti da tutto il Ticino si sono riuniti a Bellinzona per marciare per il clima. Alla manifestazione hanno partecipato – in via personale – anche dei membri di Consiglio di Stato e Gran Consiglio, che hanno così potuto recepire diversi messaggi lanciati da questi giovani.

Il loro messaggio si rivolge direttamente a noi, autorità politiche di tutti i livelli istituzionali, Cantone compreso. Abbiamo la responsabilità di non rimanere sordi alla loro chiamata e di essere all’altezza della nostra carica, in primis spiegando cosa le Istituzioni hanno fatto o stanno facendo (pensiamo ad esempio all’introduzione della tassa sul sacco cantonale, ma anche agli investimenti sul trasporto pubblico e sull’efficienza energetica), ma anche impegnandosi a fondo su cosa resta fare e, in ogni nostra decisione, considerare anche gli aspetti ambientali. Il territorio che abbiamo eredito dai nostri genitori va consegnato ai nostri figli: non siamo proprietari dell’ambiente in cui viviamo, ma lo abbiamo in affitto, con il dovere di preservarlo per le generazioni future.

Considerato che in tutta la Svizzera e in anche in Ticino le manifestazioni riuniscono giovani e meno giovani che con forza ribadiscono il loro messaggio per una politica climatica e ambientale responsabile, riteniamo fondamentale dare il nostro pieno sostegno ai giovani ticinesi che si mobilitano per il clima e che chiedono un profondo cambiamento nelle politiche climatiche, per il futuro del nostro pianeta e per le generazioni future. E questo considerando l’impatto ambientale in ogni decisione presente e futura: per questo proponiamo che in ogni messaggio governativo all’indirizzo del Gran Consiglio sia inserito un breve capitolo sulle conseguenze ambientali (esistenti o inesistenti) dello stesso; e questo analogamente a quanto avviene attualmente per le conseguenze sul personale, sugli enti locali e sul piano finanziario. In questo modo, Governo e Parlamento saranno obbligati a considerare questo importante aspetto per ogni decisione. Parallelamente, chiediamo al Consiglio di Stato di farsi promotore nella prossima legislatura di un Tavolo dell’Ambiente, così come fatto in questa legislatura con il Tavolo dell’Economia, magari partendo da quanto organizzato sul riscaldamento climatico lo scorso 12 febbraio su impulso del Dipartimento del Territorio. L’intento deve essere quello di fare un bilancio di quanto si sta facendo e trovare nuove vie da percorrere, insieme.

Convinti dell’importanza di preservare l’ambiente nel quale viviamo e di considerare l’impatto ambientale nelle nostre decisioni presenti e futuri, i sottoscritti Deputati chiedono quindi al Consiglio di Stato di:

  • inserire in ogni messaggio governativo – come già avviene per le conseguenze sul personale, sugli enti locali e sul piano finanziario – anche l’impatto ambientale, in modo che il tema sia valutato in maniera costante da Consiglio di Stato e Gran Consiglio;
  • farsi promotore di creare un Tavolo dell’Ambiente, sulla scorta di quanto già realizzato con il Tavolo dell’economia che ha dato risultati concreti, con l’intento di trovare nuove vie da percorrere.

Nicola Pini – Bruno Buzzini – Ivo Durisch – Giorgio Fonio

* Mozione presentata il 18 febbraio 2019

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Orari differenziati Losanna

Differenziamo gli orari di inizio delle scuole superiori e di SUPSI per agevolare la moblità pubblica e privata

Ecco il testo della mozione inoltrata oggi con il collega Fabio Käppeli:

“In treno, in bus o in auto poco importa, spostarsi al lavoro o a scuola in alcuni orari – specie al mattino tra le 7.00 e le 8.00 – risulta essere problematico: auto in colonna, lavoratori in piedi sul treno e perfino studenti che non riescono a salire sul bus. Oltre a sostenere e incentivare la flessibilità del lavoro da parte di datori di lavoro pubblici e privati, occorre anche puntare su un’ottimizzazione della mobilità scolastica, in particolare attraverso un adeguamento e soprattutto una differenziazione degli orari scolastici con l’intento di alleggerireil carico di utenti nelle ore di punta, permettendo così di poter usufruire più comodamente dei mezzi pubblici, come anche di diluire il traffico privato.

Tale opzione – per quanto riguarda in particolare le scuole dell’obbligo – era già stata suggerita tramite un’interrogazione, ma non era stata accolta dal Consiglio di Stato in quanto a suo dire non realizzabile, perché anticipare l’inizio delle scuole non sarebbe pensabile visto che già oggi molti ragazzi partono da casa alle 7.00/7.30, mentre posticipare la fine non farebbe altro che spostare il problema a un’altra fascia oraria problematica, quella tra le 17.30 e le 18.00. Infine, una tale opzione dovrebbe poter contare sia su una ristorazione scolastica generalizzata, di cui oggi il Cantone non dispone, sia su una riduzione delladurata della pausa sul mezzogiorno a 60-80 minuti (dagli attuali 120-140 o più minuti); riduzione che potrebbe a sua volta cozzare con le abitudini di famiglie, docenti, direzioni scolastiche e associazioni. In altre parole, sarà eventualmente musica del futuro.

La proposta potrebbe però essere indirizzata alle scuole superiori, dove forse le rigidità paventate precedentemente sono meno presenti. Con la presente mozione proponiamo quindi al Consiglio di Stato – in collaborazione con gli attori interessati, in particolare scuole, SUPSI, imprese di trasporto e Commissioni regionali dei trasporti – di stimolare, approfondire e se possibile sperimentare uno o più progetti in tal senso, concentrandosi ad esempio sul comparto Liceo, Scuola cantonale di commercio, Arti e Mestieri a Bellinzona e soprattutto sui nuovi campus SUPSI previsti nelle immediate vicinanze delle stazioni FFS di Mendrisio e Lugano (campus che muoveranno diverse migliaia di studenti).

Un approccio, questo, già avviato in svizzera tedesca. Nel 2016, ad esempio, la Scuola universitaria professionale di Lucerna e le FFS hanno comunicato lo spostamento degli orari in base ai bisogni dei pendolari: gli studenti potranno così viaggiare su convogli meno carichi e contemporaneamente è stato diminuito il traffico di viaggiatori negli orari considerati da bollino rosso. Nel 2017, in vista dell’apertura di un nuovo campus, anche la Fachhochschule Nordwestschweiz e le FFS hanno avviato una collaborazione sempre in questo senso, chi impegnandosi a fermare dei treni a lunga percorrenza in prossimità della scuola, chi impegnandosi a posticipare l’orario di inizio di almeno un’ora per un terzo degli studenti (giocando sulle ore buca).

Sulla base di quanto precede, i sottoscritti deputati chiedono al Consiglio di Stato – in collaborazione con tutti gli attori interessati – di approfondire e realizzare dei progetti per differenziare, dove possibile e utile, gli orari scolastici con l’intento di alleggerire il carico di utenti nelle ore di punta, migliorando attrattiva e funzionalità del trasporto pubblico”.

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Baco

Addio Baco

Caro Baco,

solo qualche giorno fa ci stavi dicendo ciao, per l’ultima volta, nella tua cucina. Da uomo libero quale eri non hai mai raccontato frottole per far star meglio qualcuno, e con la tua schiettezza quasi brutale anche questa volta sei stato coerente, avvisandoci che stava arrivando la fine, quella vera. In cuor nostro non ci volevamo credere, sapendoti un lottatore, un uomo forte e coraggioso, aggrappato alla vita, agli amici e alla famiglia. Ma tu ci stavi dicendo ciao per davvero, debole e affaticato come purtroppo ti vedevamo da tempo.

Eppure, all’improvviso, è bastata una frase, “E le due donne appena elette in Consiglio federale?”: ti sei illuminato a parlare del presente e del futuro, chiedendoci e chiedendoti quale sarebbe stata l’evoluzione di una democrazia che vedevi particolarmente in difficoltà, ma a cui tenevi troppo per abbandonarti al pessimismo. Non avevi risposte; non le avevamo e non le abbiamo ancora; ma come sempre offrivi una lettura lucida e profonda della realtà e soprattutto ponevi le domande giuste, come facevi da giornalista, un giornalista al servizio (pubblico) di quella democrazia (nel senso più alto e nobile del termine) a cui hai dedicato la tua vita: in primis appunto da giornalista impegnato non solo a riferire, ma soprattutto a capire, approfondire, spiegare, contestualizzare, commentare, stimolare; ma anche da giurista nell’Amministrazione federale; nelle Associazioni che animavi con il tuo modo di essere, l’Associazione Svizzera-Cuba, la CORSI, il Soccorso Operaio; da collaboratore di Laura Sadis ai vertici delle Istituzioni cantonali: un lavoro che hai svolto con passione, rigore, grande umanità e irremovibile senso etico. “Stiamo lavorando per la gente”, mi dicevi spesso quando avevamo qualche dubbio o eravamo stanchi. Baco, è stato un onore, per me e per noi, lavorare al tuo fianco.

Vedendoti così acceso, in quella cucina, rivedere quel guizzo nei tuoi occhi e sapere che fino alla fine hai conservato quello spirito critico e battagliero, nonostante il dolore e la consapevolezza dell’avanzare della malattia, hanno dimostrato una volta di più che grande uomo fossi. Eri sempre tu, fino alla fine, con coerenza; quello che ha chiuso un servizio al telegiornale – mi sembra sulle proteste per lo scandalo delle schedature – con un perentorio “oggi ha vinto il fascismo”; quello che condannava l’autoreferenzialità ticinese e predicava la necessità dell’apertura; quello che ribadiva – fino al litigio – che esser colto è l’unico modo per essere libero, che a Cuba sanno leggere tutti e che i medici cubani sono in tutto il mondo. Quello che ricordava sempre la parte della costituzione in cui si dice che la forza di un popolo si commisura al benessere dei più deboli dei suoi membri. Quello che al mattino leggeva tutti i giornali per fare la rassegna stampa e chiudeva la giornata di lavoro con una Christal allo Zoccolino. Sempre che non giocasse l’Ambri, perché allora ti fiondavi alla Valascia, rigorosamente senza giacca (e non ho mai capito il perché).

Avevamo circa quarant’anni di differenza, eppure eri uno dei miei migliori amici. Lo eri diventato in tutte le sfaccettature della vita: nella serietà del lavoro, nella passione della politica, nel ridere del Carnevale, perfino nello scoprire di Cuba. Mai la differenza di età si è fatta sentire, complici la curiosità e il vero progressismo che ti animavano. Non hai mai scelto di appoggiarti all’anagrafe o alla tua notorietà per guadagnare in autorevolezza. Difficilmente ti lanciavi in aneddoti autoreferenziali, ai quali ricorrevi solo se finalizzati al discorso che stavi sviluppando. Mai hai lasciato presagire, con me e con altri, il benché minimo segno di superiorità o supponenza. Eri così, semplicemente, Baco, capace di dialogare con tutti, dando dignità a ogni sguardo, in modo ordinario. Anche se di fatto tu eri straordinarioper intelligenza, capacità di analisi e di sintesi; straordinario per la coerenza con la quale applicavi ogni giorno i tuoi principi, come quelli di libertà, equità e giustizia; principi ai quali mai derogavi, neanche nei momenti di stress, né di fronte all’autorità, men che meno quando era comodo farlo.

Tra i tuoi valori cardine vi era sicuramente quello della solidarietà, che al di là dei discorsi declinavi in una generosità quotidiana, materiale quanto intellettuale. La porta di casa tua era sempre aperta per un amico. Mai hai negato un consiglio, mai hai tenuto per te una conoscenza o un pensiero. Mai hai lesinato una pacca sulla spalla, ma anche una critica o un rimprovero (e tutti noi sappiamo quanto potessi essere duro, durissimo, anche se mai distruttivo, mai cattivo, mai banale). Forse per questo per me e per tanti di noi, Baco, sei stato un punto di riferimento; e punto di riferimento continuerai ad essere per ciò che ci hai lasciato grazie a questa tua generosità.

Non me lo hai mai detto direttamente, ma fra le righe del tuo dire e del tuo agire lo leggevo spesso: per te il valore di una persona non si misura con i soldi che guadagna o con gli applausi che riceve, ma per ciò che riesce a fare per gli altri: e tu, caro Baco, hai toccato tante vite lasciandoci tantissimo. Per questo ti saremo per sempre grati; e sempre ti ricorderemo.

Addio Baco, ti voglio bene, sei una delle persone migliori che ho avuto modo di conoscere. Hasta siempre Comandante. Anche se già ti immagino dire “te se po stai un po’ banal, Pini”.

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Gran Consiglio vuoto

Per un sostegno fattivo ai parti naturali e alla riduzione dei costi della sanità

Con il sostegno dei colleghi Ivo Durisch, Giorgio Fonio e Amanda Rückert ho inoltrato una mozione per sostenere i parti naturali in modo da evitare disparità di trattamento e, a medio termine, provare a ridurre i costi della sanità. Libertà ed equità sono due valori in cui credo molto e con questa mozione vogliamo permettere a ogni donna che vuole e può partorire in casa propria o in una casa nascita, di farlo senza essere penalizzata finanziariamente; o peggio ancora di non doverci rinunciare per questioni finanziarie.

IL TESTO DELLA MOZIONE

Quando possibile fisiologicamente, è risaputo che i parti naturali non ospedalieri costano meno rispetto a quelli ospedalieri (cfr. tabella qui sotto, ripresa dalla mozione di Gina La Mantia “Per un’ostetricia sicura e di qualità” del 19 settembre 2016). Tale scelta da parte di chi sta per partorire rappresenta quindi una possibilità non solo o non tanto da un punto di vista etico, ma anche e soprattutto – per quel che ci concerne – da un punto di vista finanziario e di politica sanitaria.

  • Costo medio della degenza per un cesareo: circa CHF 9’900
  • Costo medio per un parto normale: circa CHF 6’200
  • Costo per un parto a domicilio (comprese le visite pre- e post-parto a domicilio): circa CHF 2’500
  • Costo per un parto in casa nascita: circa CHF 3’100

Ciò che stupisce è che sebbene i parti non ospedalieri costino meno al sistema, non per forza essi comportano un costo minore per chi li sceglie. Ad esempio le famiglie che partoriscono in una casa nascita (strutture indipendenti che a dire dello stesso Consiglio di Stato – nel M7342 in risposta alla già citata mozione La Mantia – non pongono nessun tipo di problema), si fanno carico di costi pari ad almeno 600 CHF, a cui vanno aggiunti 10 CHF al giorno per ogni giorno di picchetto durante il quale le levatrici restano a disposizione per il parto, giungendo pertanto facilmente ad una spesa a 4 cifre per la famiglia.

Si pone quindi una questione di opportunità non solo per quanto riguarda la parità di trattamento e il principio di equità, ma anche per l’aspetto meramente finanziario: di fatto, si disincentiva finanziariamente un metodo che – come detto, ma ribadiamolo: quando possibile – permette di abbassare i costi della sanità a carico del Cantone (e di conseguenza, seppur in minima parte, dei premi di cassa malati che ogni anno vediamo aumentare). A titolo di esempio si potrebbe citare l’esempio della casa nascita “Lediecilune” di Lugano, attualmente l’unica di questo genere in Ticino che, assistendo ogni anno a una ventina di parti in sede e altrettanti a domicilio, porta a un risparmio per il Cantone da loro stimato a circa CHF 100’000/130’000 l’anno perché interamente coperto dalle casse malati secondo LAMal senza che il Cantone debba contribuire con il 55% come avviene per i parti ospedalieri.

Al tema si stanno interessando diverse realtà. Se la creazione all’interno di ospedali di strutture gestite da levatrici è attualmente in fase di sperimentazione presso alcuni ospedali svizzeri (sperimentazione di cui l’EOC attende i risultati prima di eventualmente muoversi in tale direzione), il Centre hospitalier universitaire vaudois(CHUV) di Losanna si è spinto oltre: in cambio di una raccolta di dati e statistiche, l’ospedale copre infatti a proprie spese il forfait richiesto dalle case nascita usando parte del contributo che il Cantone versa per ogni parto. Una misura, questa, che potrebbe venire intrapresa anche in Ticino in via sperimentale e per un lasso di tempo determinato, con un bilancio finale che permetta di quantificare esattamente il vantaggio finanziario per il sistema e per il Cantone. L’intento sarebbe una valutazione dell’efficacia del provvedimento (in termini di incentivo iniziale e di risparmio finale), prima di eventualmente proseguire in tale direzione in futuro, eliminando così il disincentivo finanziario per chi sceglie, di fatto, un parto che comporta un costo inferiore al sistema sanitario. Essendo l’importo pagato dai cittadini per il singolo parto contenuto (CHF 600 a nascita), ed essendo tali parti ancora praticati in numero contenuto sul nostro territorio, questa misura potrebbe pertanto comportare una spesa nell’ordine di un paio di centinaia di migliaia di franchi per un arco di tempo di tre o quattro anni.

I sottoscritti Deputati, convinti dell’importanza di contenere i costi della sanità, di evitare inutili sovramedicalizzazioni e di favorire quando possibile il parto fisiologico, chiedono dunque al Lodevole Consiglio di Stato da un lato di adoperarsi – secondo i giusti canali – affinché il “disincentivo finanziario” venga neutralizzato, e dall’altro di assumersi sperimentalmente e per un periodo determinato il costo del forfait (CHF 600) per chi sceglie un parto naturale extra ospedaliero.

MAGGIORI INFORMAZIONI

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#proviamosenzauto

Ho scelto di sperimentare un mese senz’auto per capire se ne vale la pena per il lavoro, la famiglia, la qualità di vita, ma anche cosa funziona e cosa magari si può migliorare nel sistema. Far politica per me significa anche camminare qualche metro con le scarpe degli altri per cercare nuovi sguardi, nuove risposte, nuove idee, senza paura di rimettersi in discussione e di mettere alla prova le proprie convinzioni. L’ho fatto all’inizio dell’anno con una supplenza in una scuola media, ci ho riprovato su un altro tema importante, quello della mobilità, del quale mi occupo molto politicamente e professionalmente. Un’esperienza utile che mi ha molto arricchito, fornendomi nuove piste di lavoro che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi approfondirò: proprio per questo il documento di bilancio è da intendersi in continua evoluzione (anche perché non ho smesso di utilizzare, quando posso, il trasporto pubblico). Naturalmente nuovi input sono i benvenuti!

Bilancio #proviamosenzauto (pdf)

Articoli e trasmissioni:

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PLR 1975

L’addio dei giganti – Ciao Peo (e non solo)

Non so se chi legge conosce “Il Trono di Spade”, serie televisiva fantastica in cui uomini e donne si contendono il trono dei Sette Regni aiutati da svariate creature. Fra queste ci sono i giganti, creature mastodontiche che si muovono lente ma con potenza, spesso dalle seconde file, pur essendo dei combattenti nati e spesso decisivi con un sol colpo. A differenza dei draghi i giganti però esistono e purtroppo, negli ultimi mesi, ne abbiamo persi alcuni nel nostro partito, nel nostro Cantone. Persone dal grande carisma, navigati signori della cosa pubblica, menti pensanti e brillanti, uomini che non avevano paura né della vita né delle idee; politici intelligenti, colti e arguti, capaci di coniugare principi solidi con capacità di dialogo e concretezza, dall’intesa di sinistra all’interpartitica. Con personalità e modi di fare anche molto diversi, a volte confrontandosi duramente tra loro, erano da tempo impegnati per rendere migliore il nostro Paese: più prospero, più moderno, più giusto e più vicino ai cittadini. In tempi molto distanti da quelli odierni hanno affrontato alcune delle sfide che ancora oggi ci impegnano: il lavoro, la giustizia e i rapporti con l’estero, per esempio. Le loro impronte sono innumerevoli e hanno permesso a chi è venuto dopo di loro di vivere una situazione che, per quanto difficile, è ancora privilegiata. Giganti che hanno compiuto scelte impegnative e coraggiose, che quando avevano meno di quarant’anni avevano già deciso di servire la collettività con l’ambizione di fare la differenza, per cui la cultura politica era un pregio e non un difetto; persone a cui è anche capitato di perdere ma a cui il più delle volte il tempo ha dato ragione.

Se quando ho scelto il partito in cui impegnarmi non ho avuto alcuna esitazione è stato anche per questi giganti, che allora guardavo da lontano (da cittadino e da studente in storia) e che poi ho conosciuto (da politico). Conoscerli non mi ha deluso, bensì sorpreso. Negli anni non hanno mai lesinato consigli, precisazioni e anche qualche – giusta – tirata d’orecchio, quando con una telefonata o una nota scritta a mano e recapitata a casa sapevano sempre ricordarmi il valore dell’umiltà e degli ideali. Essendo enormi, i giganti con il loro essere toccano le vite di tante persone e ognuno ha i suoi ricordi e i suoi aneddoti (troppo pochi per me, benché intensissimi; un po’ per timore reverenziale e un po’ per paura di disturbare ho passato con loro meno tempo e ho posto meno domande di quelle che avrei voluto, purtroppo). Mancheranno, a tutti noi, i giganti.

In occasione del recente funerale di uno di questi giganti, suo figlio ha raccontato commosso che, in fondo, non era poi così grave se suo papà in vita – nonostante propositi e solleciti – non avesse avuto modo di scrivere le sue memorie, perché i suoi insegnamenti, la sua apertura e il suo senso della giustizia erano stati assorbiti, erano nei figli e negli amici che lo avevano conosciuto. Ed è vero. Non penso ci possano vedere, sentire, men che meno leggere, oggi, questi giganti, ma se potessero farlo beh, spero possano capire che hanno trasmesso a tante persone, a tanti giovani, la voglia di impegnarsi per gli ideali di libertà, responsabilità, solidarietà e giustizia. Certo, in un mondo completamente diverso dal loro, ma che non per questo ha meno bisogno di loro.

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Bellinzona: riunione commissione della gestione

Collegamento A2-A13 in galleria e utilizzo del materiale di scavo: quali opportunità per il Locarnese?

Da tempo si discute del collegamento veloce A2-A13 per il Locarnese, una necessità e un’urgenza per tutta la regione. È attualmente in corso di elaborazione e consultazione il progetto definitivo – finanziato dal Cantone – del nuovo collegamento in galleria da sottoporre alla Confederazione nella speranza che l’infrastruttura possa poi essere finanziata nell’ambito del FOSTRA, il Fondo per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato(il costo complessivo dell’opera è stimata a CHF 1’456’000’000).

Tale progetto – denominato “Bozza verde” – presenta una lunghezza complessiva di circa 11 chilometri, 8 dei quali in galleria (all’altezza di Quartino il tracciato si innesta in galleria per circa 7 km fino a raggiungere, aggirando gli agglomerati di Contone e Cadenazzo, il semisvincolo di S. Antonino; dopo un breve tratto a cielo aperto, il tracciato si innesta nuovamente in sotterraneo per circa 1 km, grazie alla realizzazione di una galleria artificiale al di sotto dell’attuale strada cantonale, fino a raggiungere lo svincolo di Bellinzona Sud, garantendo quindi il collegamento con l’A2). La realizzazione dell’opera in sotterranea genererà evidentemente del materiale del scavo che andrà smaltito, meglio ancora riutilizzato per generare nuove opportunità paesaggistiche e territoriali, come avvenuto – grazie alla lungimiranza di Comune, Cantone e Confederazione – con la prospettata riqualifica del fondovalle di Airolo nell’ambito dei lavori di risanamento della galleria autostradale del San Gottardo (con un contributo cantonale a fondo perso di CHF 50’000’000).

Vale dunque la pena chinarsi per tempo e seriamente sulle opportunità che l’auspicata e attesa realizzazione del tracciato in galleria genererà. Ad esempio, si potrebbe approfondire la possibilità di sistemare il lungolago di Locarno-Muralto, con l’allargamento della passeggiata e dei giardini che da Locarno si snodano lungo il Verbano fino a Mappo; tratta già bellissima ma parecchio congestionata e caratterizzata da una difficile convivenza fra pedoni e ciclisti (passeggiata di Rivapiana che peraltro era già stata allargata, e la stradina rialzata, tramite degli inerti agli inizi degli anni Settanta). Si potrebbe eventualmente anche valutare la possibilità di allargare la zona del debarcadero a Locarno con l’intento migliorare la situazione viaria di quel tratto. Altre ipotesi non sono evidentemente da escludere, ma vanno ugualmente identificate, approfondite e valutate tecnicamente e politicamente.

Date queste premesse i sottoscritti deputati – convinti dell’importanza sia di immaginare per tempo varie alternative sia di sfruttare positivamente le opportunità che potrebbero crearsi – formulano al lodevole Consiglio di Stato le seguenti domande.

  • Vi sono già delle riflessioni in merito all’utilizzo del materiale di scavo derivante dall’auspicata realizzazione della galleria?
  • Se sì, quali sono?
  • Se no, non ritiene il Consiglio di Stato importante valutare per tempo le opportunità che potrebbero crearsi per l’utilizzo del materiale di scavo, così come fatto con lungimiranza per la riqualifica del fondovalle di Airolo?
  • Come valuta il Consiglio di Stato l’idea di utilizzare il materiale ad esempio per allargare il lungolago da Locarno fino a Mappo?
  • A mente del Consiglio di Stato vi sono altre idee da approfondire – tecnicamente e politicamente – per riutilizzare il materiale di scavo?

Nicola Pini – Bruno Buzzini – Claudio Franscella – Milena Garobbio

* Interrogazione parlamentare inoltrata oggi al Consiglio di Stato

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RSi SC Lavoro

Tutti al lavoro per il lavoro!

Formazione, accompagnamento individualizzato e coordinamento interdipartimentale: queste le ricette cucinate dalla Sottocommissione Lavoro e approvate dal Gran Consiglio per dare una nuova prospettiva – e speriamo un nuovo futuro – ai disoccupati di lunga durata e ai giovani in assistenza. Abbiamo dunque deciso di destinare circa CHF 3’000’000 all’implementazione sperimentale in particolare di due nuove e mirate misure attive finalizzate al reinserimento nel mercato del lavoro in particolare di due fasce sensibili, i giovani adulti e gli over 50:

  • l’introduzione di un accompagnamento individualizzato per persone in disoccupazione di lunga durata che si avvicinano alla fine delle indennità (modalità suggerita dal DFE);
  •  l’applicazione in Ticino del modello Forjad (acronimo per Formation pour jeunes adultes), ideato e sperimentato dal Canton Vaud, volto a garantire una formazione secondaria ai giovani in assistenza fornendo assegni di studio e un accompagnamento individualizzato durante il percorso formativo.

Molto importante sarà evidentemente il monitoraggio e la valutazione di queste due misure innovative attraverso un accompagnamento tecnico-scientifico teso a verificare la loro efficacia in termini di attivazione delle competenze e di reinserimento nel mondo del lavoro. Noi ci crediamo.

Leggi l’articolo de La Regione

Leggi il rapporto della Sottocommissione approvato dal Gran Consiglio

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Supplenza SM

Le scuole che si sperimenteranno

La scuola di oggi non è certo da buttare, anzi. Ma è proprio quando le cose funzionano che è giusto riflettere su come migliorare e migliorarsi, soprattutto in un mondo dove star fermi equivale a indietreggiare. Il Gruppo PLR in Gran Consiglio ha dunque promosso e sostenuto il compromesso raggiunto in Commissione scolastica, finalizzato a investire nella scuola dell’obbligo sperimentando due modelli. Il parlamento cantonale ha infatti deciso di sperimentare non solo il modello proposto dalla Scuola che verrà, con l’introduzione nella scuola media di laboratori, atelier e momenti di differenziazione pedagogica con gruppi ridotti formati a caso, ma anche un secondo modello che – pur superando l’attuale sistema dei livelli – stabilisce una differenziazione secondo le attitudini degli allievi in alcuni laboratori (tedesco, matematica, italiano e scienze) di terza e quarta media. Modello, questo, proposto dal PLR; come proposto dal nostro partito è il fatto che la sperimentazione sia seguita da un monitoraggio serio e indipendente che speriamo fornirà spunti, dati e risultati per una decisione definitiva da parte della politica. Una decisione che sappia superare – oltre i livelli – anche i pregiudizi, i dogmi e le posizioni ideologiche. Una decisione che dovrà essere esclusivamente a favore della nostra scuola, che in un qualche modo deve venire, perché è il futuro della nostra società.

Certo, in molti liberali radicali le perplessità sul modello di differenziazione pedagogica (al posto della differenziazione curricolare) della Scuola che verràerano e restano molte, moltissime, in particolare per quanto riguarda la sua applicabilità, ma lo spirito illuminista e liberale è forte e impedisce di respingere – altrettanto dogmaticamente – una sperimentazione di un modello ritenuto dogmatico (modello al quale, ripeto, il PLR ha contrapposto un’alternativa). Sperimentiamo dunque, perché nessuno, né noi né gli altri, può avere il monopolio della scuola o della ragione.

*Editoriale di Opinione Liberale, 8 giugno 2018

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Foto 60 minuti assistenza

Togliere persone dall’assistenza!

Sempre più spesso si parla del tema dell’assistenza: ne abbiamo ad esempio parlato ieri sera a 60 minuti: guarda la puntata. Un fenomeno sul quale vale la pena soffermarci brevemente: dalla storia alle cifre per arrivare alle soluzioni.

Storia

Nel diciannovesimo secolo, e all’inizio del ventesimo, una forma di “assistenza” era gestita prevalentemente da associazioni caritatevoli sia di stampo religioso (ad esempio “Caritas”) che di ispirazione laica (come “Pro Joventute”) finanziate da donazioni private. La partecipazione finanziaria della Confederazione si limitava invece a un 10% del ricavato delle vendite di alcool e alla creazione di orfanotrofi. La prima legge federale data solo del 1977 e attribuisce ai Cantoni il compito di garantire il diritto del cittadino in stato di bisogno ad essere assistito (un diritto inizialmente previsto per i soli svizzeri, poi dal 1995 esteso dal Tribunale Federale a tutte le persone che si trovano su suolo svizzero). Attualmente le prestazioni assistenziali sono coordinate dalla Conferenza Svizzera delle istituzioni per l’azione sociale (CSIAS) che emana direttive non vincolanti per Cantoni e Comuni.

Diamo i numeri

Sono circa 8’000 le persone in assistenza, che equivalgono a circa il 2% della popolazione residente in Ticino, vale a dire una percentuale inferiore alla media nazionale. Di questi, i titolari – a differenza della disoccupazione il numero delle persone in assistenza comprende tutte le persone appartenenti al nucleo familiare siano esse coniugi, conviventi o figli – sono poco più di 5’000. Il 20% (un migliaio di persone) di questi sono occupati, vale a dire che hanno un’occupazione (a tempo parziale o su chiamata) ma che hanno bisogno dell’assistenza per arrivare alla fine del mese. Circa un terzo (quasi due migliaia) non sono invece “occupabili” per malattia (non riconosciuta dall’AI), cura dei famigliari o età avanzata. Resta poi il corpo centrale del 50% (2’500 persone circa) sul quale si concentrano le misure di inserimento professionale – in collaborazione con gli Uffici regionali di collocamento (URC) del Dipartimento finanze ed economia – o di inserimento sociale a cura dell’Ufficio sostegno sociale e inserimento (USSI) del Dipartimento sanità e socialità. Sono quasi un migliaio le persone coinvolte in programmi di questo tipo.

Un sistema dinamico

Il sistema dell’assistenza sociale è dinamico: sono infatti molte (tra 1’500 e 2’000) le entrate e uscite ogni anno. Tra le entrate, va segnalato come solo un quarto dei nuovi beneficiari di assistenza sociale l’anno precedente beneficiava di indennità di disoccupazione. Spicca, fra queste persone, la mancanza di formazione: un’interessante studio della SUPSI (“A 20 anni in assistenza: percorsi di vita dei giovani ticinesi beneficiari di aiuti sociali”) mostra come oltre la metà dei giovani in assistenza (55%) non ha conseguito alcun titolo di studio dopo la scuola media; pochissimi hanno iniziato una scuola medio-superiore e praticamente nessuno l’ha terminata. Vi è dunque un vuoto formativo.

Tra chi esce dall’assistenza, circa un terzo lo fa verso il mercato del lavoro e un terzo verso altre assicurazioni sociali (soprattutto AVS e AI); l’ultimo terzo lo fa invece per altre ragioni (cambiamento di domicilio, decesso, interruzione del contatto). Le categorie di persone che fanno più fatica ad uscire dall’assistenza – e dunque le categorie più sensibili – sono i giovani adulti (20-29 anni) e le persone con più di cinquant’anni (50-59).

Un incentivo per ripartire?

L’assistenza costituisce dunque un sostegno al reddito per un migliaio di persone occupate e un’indispensabile strumento di sussistenza per quasi due migliaia di persone non collocabili. Per tutti gli altri l’obiettivo deve però essere quello di ridare speranza, opportunità e magari anche una formazione a queste persone. Assistenza non può e non deve fare rima con assistenzialismo. Da prediligere sono dunque le misure di inserimento professionale – in particolare sviluppando le collaborazioni già in essere tra DFE e DSS – e sociali, specie in forme innovative. Anche perché le prime portano a un tasso di entrata nel mercato del lavoro di circa il 40%, le seconde del 20%. Persone, queste, che possono così ripartire. Ripartire per davvero. Da notare che l’investimento nelle misure di inserimento nel 2017 – oltre che ridare lavoro a più di un centinaio di persone – ha permesso perfino di risparmiare: 5.7 milioni a fronte dei 7.7 milioni che si sarebbero spesi senza fare nulla. Oltre alle imprese sociali – che piano piano prendono piede anche in Ticino – sono da approfondire il sistema della sostituzione per i giovani adulti delle indennità di assistenza in borse di studio (modello del Canton Vaud) e l’introduzione di un percorso di accompagnamento individualizzato a favore dei disoccupati che arrivano alla fine del diritto o di persone in assistenza giudicate collocabili. Importante anche il ruolo dei Comuni, che hanno un contatto di prossimità con il territorio e i cittadini, e che quindi possono agire sempre in un’ottica di accompagnamento individualizzato (Comuni ai quali occorre evidentemente garantire le risorse a questo scopo).

La prevenzione: evitare di arrivarci, in assistenza

Chiaro è che prima di tutto occorre fare in modo che le persone non ci arrivino, in assistenza. E qui è assolutamente prioritario lavorare sulla formazione, come detto un problema per una parte considerevole di chi è in assistenza. Se l’obiettivo nazionale è di portare al 95% la percentuale di giovani che ottengono entro i 25 anni un diploma secondario II (attestato federale di capacità o scuola media superiore), in Ticino ci fermiamo all’87%. Ciò significa che ogni anno perdiamo dai radar qualche centinaio di giovani che rischiano e rischieranno di finire in assistenza: bisogna qui lavorare a livello di scuola dell’obbligo, di orientamento scolastico e professionale, di formazione continua, di certificazione delle competenze e di riqualifiche professionali. E, naturalmente, di Città di mestieri, che permetterà non solo di fornire un servizio rapido ed accessibile a tutti coloro che hanno bisogno di risposte sul mondo del lavoro o della formazione, ma anche una piattaforma che permette di unire diverse politiche pubbliche attuate anche da servizi o dipartimenti diversi.

 

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